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Riforme e controriforme

Fare le riforme, difendere le riforme fatte. Il Fondo monetario Internazionale, la Bce e la Banca d’Italia lo ripetono ossessivamente. Ogni intervento pubblico e ogni rapporto economico è l’occasione giusta per ribadire che si deve andare avanti e non si deve tornare indietro. Vale per le regole sul mercato del lavoro e, soprattutto, per le pensioni. Oggi è la Banca centrale europea a richiamare l’attenzione sull'”alto rischio che le riforme delle pensioni adottate in precedenza vengano cancellate”, in Paesi come la Spagna e l’Italia.

Giusta o sbagliata che sia questa valutazione, è evidente che la preoccupazione sia rivolta alla tenuta dei conti pubblici e alle conseguenze che avrebbero in questo senso eventuali ripensamenti. L’obiezione che arriva da chi, invece, ritiene necessario correggere le riforme fatte quando sono sbagliate è sostanzialmente opposta: la tenuta dei conti non deve essere un dogma e quando le misure producono danni è bene tornare indietro. Su entrambi i fronti, il rischio è quello di perdersi dietro gli slogan, assumendo posizioni ‘ideologiche’.

A causa del debito alto e dell’emergenza creata dalla crisi del debito sovrano nel 2011, la riforma Fornero è intervenuta con la foga che il momento suggeriva, producendo errori e anche conseguenze potenzialmente drammatiche, come il destino toccato agli ‘esodati’. Poi, però, sono arrivate le correzioni e gli aggiustamenti. E ne servono ancora, per rendere più flessibile il passaggio dal lavoro alla pensione. Rispetto a un approccio costruttivo, tenuto conto che la tenuta del sistema è assicurata a lungo, anche le valutazioni del Fmi, della Bce e della Banca d’Italia potrebbero essere meno ingessate, uscendo dal cliché ‘alzare sempre e comunque l’età pensionabile‘.

Certo è che di fronte alla propaganda è difficile non irrigidirsi. Se il vicepremier Matteo Salvini dice “entro l’anno smontiamo la riforma Fornero” oppure “nel programma c’è l’azzeramento” della legge, a Francoforte e a Washington tendono a prenderlo sul serio. Se ‘smontiamo’ e ‘azzeriamo’ fossero esagerazioni da campagna elettorale e prevalesse l’ipotesi ‘correggiamo dove serve’ forse anche il Bollettino della Bce potrebbe entrare nel merito e discutere cosa si può correggere e cosa è necessario lasciare così com’è.

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