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La riforma delle banche popolari torna in discussione

Torna di nuovo in discussione la riforma delle banche popolari varata nel 2015 dal governo Renzi. A marzo la Corte costituzionale aveva dichiarato legittime le nuove norme, ma secondo il Consiglio di Stato restano ancora dubbi sul possibile contrasto delle nuove norme e della circolare attuativa della Banca d’Italia con i principi europei che regolano la concorrenza e la libera circolazione dei capitali. Per questo con un’ordinanza pubblicata oggi ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea che adesso dovrà stabilire se le norme che regolano il rimborso ai soci in caso di recesso e quelle che fissano a 8 miliardi la soglia di capitalizzazione oltre la quale le banche popolari devono trasformarsi in spa violino la legislazione comunitaria. Nel caso in cui i giudici europei dovessero decidere che c’è contrasto, ne risulterebbe travolta l’intera riforma.

Ad oggi tutte le popolari coinvolte dalle nuove norme – BancoBpm, Ubi, Bper – hanno già effettuato la trasformazione in spa, tranne due, la Popolare di Bari e quella di Sondrio. Il governo gialloverde era intervenuto a settembre, prorogando al 31 dicembre di quest’anno il termine per la trasformazione in spa delle due ultime banche. Adesso quella data è destinata a slittare e i tempi per il completamento della riforma si fanno incerti, visto che il Consiglio di Stato ha congelato tutte le norme in questione fino alla propria sentenza di merito e che i tempi della Corte di Giustizia Ue sono notoriamente lunghi. “Alla Corte Costituzionale per decidere c’è voluto circa un anno, prevediamo che i tempi dei giudici europei possano essere ancora più lunghi”, commenta una fonte legale.

La Popolare di Bari aveva già fissato per metà dicembre la data per la convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci che avrebbe dovuto deliberare la trasformazione in spa, mentre la Popolare era in attesa di avere un quadro giuridico certo. E’ probabile che a questo punto, però, anche Bari decida di attendere, visto che una delle questione su cui si sarebbe dovuto pronunciare il Consiglio di Stato – quello dei rimborsi in caso di recesso – andrà a incidere in maniera non indifferente sui bilanci.

A chiedere di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia Ue, nelle memorie depositate prima dell’udienza dello scorso 18 ottobre, erano stati gli avvocati Francesco Saverio Marini e Ulisse Corea, dello studio Marini, insieme al professor Fausto Capelli, a nome dei soci di diverse banche (tra cui Popolare di Sondrio, Ubi, Banco Popolare e Popolare di Milano, queste ultime confluite in Banco Bpm). Nelle loro memorie i legali avevano sottolineato l’irrazionalità della soglia degli 8 miliardi, dal momento che la soglia di patrimonializzazione per rientrate sotto il controllo della Bce è di 30 miliardi e che in Paesi come la Francia ci sono banche popolari che hanno una patrimonializzazione inferiore a 30 miliardi, ma comunque superiore a 8, e che lì non c’è nessun obbligo di trasformazione in spa.

Quanto alla questione dei rimborsi, i legali avevano evidenziato come il problema stesse nel combinato delle norme che regolano la trasformazione in spa e quelle che consentono la limitazione a tempo indeterminato del rimborso in caso di recesso, perché da un lato si obbligano le banche a trasformarmi in spa, dall’altro, intervenendo sui rimborsi, a salvaguardia della stabilità del sistema bancario, si impedisce ai soci di uscire. Il risultato di questa tenaglia, secondo i legali, è che cambia lo status del socio, costretto ad abbandonare il principio capitario e a vedere diluita così la sua partecipazione nella società, senza possibilità di uscire dalla banca. Il dubbio che la Corte europea dovrà sciogliere è se questa architettura normativa si traduca o meno in una fattispecie espropriativa ai danni dei soci.

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