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Europa, spread e condono

Bocciatura doveva essere e bocciatura è stata. La Commissione Ue non può accettare il piano di bilancio italiano che prelude a una manovra finanziata per buona parte in deficit. E ora che la posizione di Bruxelles è ufficiale, potrebbe ripartire la propaganda: da una parte il cattivo censore, dall’altra il governo che vuole andare avanti con ‘la manovra del popolo’, nonostante tutto e tutti: il nemico comune resterebbe l’Europa. A patto, però, che non si apra una vera crisi politica per gli attriti tra Lega e Cinquestelle sul decreto fiscale.

Tutto era già pianificato e ampiamente messo in conto. Il governo ha scelto di andare contro le regole, sapendo perfettamente a cosa sarebbe andato incontro. Quando è stato scelto di tenere fermo il deficit del 2019 al 2,4%, è stata pianificata anche ‘la fase 2’: se anche alla fine si dovesse concedere qualcosa, e non è detto, tutto arriverebbe a valle di una grande operazione di marketing per il brand ‘governo del cambiamento’.

Il contenuto della lettera consegnata da Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici è particolarmente esplicito. Il bilancio italiano mostra una deviazione “senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”, sia per il fatto che contempla una espansione vicina all’1% – mentre il Consiglio aveva invitato l’Italia a una correzione fiscale – sia per una deviazione dagli obiettivi pari all’1,5%. Alla luce di questi fattori, si profila “un non rispetto particolarmente serio con gli obblighi del Patto” e si chiede al Governo di dare una risposta ai rilievi entro lunedì 22 ottobre. E la reazione dei mercati è stata altrettanto netta. Lo spread tocca 327 punti, ai massimi da 5 anni. E proprio guardando ai mercati è intervenuto Mario Draghi, il presidente della Bce, alla riunione dei capi di Stato e di governo dell’Unione monetaria: “Mettere in discussione le regole all’interno della Ue può portare a un peggioramento delle condizioni nel settore finanziario e di qui a un danno alla crescita”.

La reazione del Governo doveva seguire uno schema collaudato. Ora, però, Di Maio e Salvini litigano sul condono, con un Cdm convocato dal premier Giuseppe Conte per rivedere il decreto fiscale e il gran rifiuto leghista, con i ministri che minacciano di non andare in Cdm. E la tensione sembra destinata a salire ancora.

 

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