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Eni, utile a +118%. Descalzi: incassi doppi

Un 2018 da ricordare quello di Eni, il cui utile netto adjusted dei primi nove mesi – pari a 3,133 miliardi di euro – è in rialzo del 118% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un risultato del quale l’amministratore delegato Claudio Descalzi si è detto “particolarmente soddisfatto”, e fortemente spinto dal settore esplorazione e produzione, il cui utile operativo adjusted nel trimestre è triplicato a 3,1 miliardi di euro.

Tutti i business hanno operato bene – aggiunge – Gli incassi netti operativi sono stati pari a 4,1 miliardi di euro, il doppio rispetto al terzo trimestre 2017 e, ancora più importante, il 35% in più rispetto al secondo trimestre 2018 che aveva registrato un prezzo medio Brent simile all’attuale”. Nel terzo trimestre l‘utile netto adjusted è stato pari a 1,388 miliardi, contro i 229 milioni precedenti. Per quanto riguarda l’utile netto, nei nove mesi ha raggiunto 3,7 miliardi (+181%) e nel trimestre 1,52 miliardi di euro.

I business mid-downstream “dimostrano di aver acquisito un livello di sostenibilità in uno scenario per loro complessivamente non favorevole. Grazie a questa performance raggiungiamo un debito netto di 9 miliardi, in riduzione di circa 900 milioni rispetto a fine giugno pur avendo già corrisposto tutti i dividendi di competenza di quest’anno. Possiamo inoltre confermare per il 2018 una neutralità di cassa di gruppo, compresa la copertura dei dividendi, a 55 dollari al barile, oltre 20 dollari più bassa rispetto alle quotazioni Brent attuali, a testimonianza della disciplina finanziaria che siamo determinati a mantenere nel tempo”, conclude Descalzi.

A fare da terreno fertile per la crescita del settore Esplorazione e produzione è stata anche la galoppata dei prezzi del greggio, cresciuti del 45% rispetto allo stesso periodo del 2017, e l’utile operativo adjusted è infatti ed è più che raddoppiato nei 9 mesi a 7,9 miliardi. Rispetto al secondo trimestre, e quindi in uno scenario di sostanziale parità di prezzo del Brent, la crescita è del 13%. Anche l’utile netto adjusted del trimestre è quindi triplicato, grazie “alla migliore performance operativa, parzialmente compensata dalla svalutazione di crediti finanziari relativi a un’iniziativa esplorativa in joint venture nel Mar Nero che ha avuto esito negativo (circa 270 milioni di euro) con un impatto anche sul tax rate a causa della loro indeducibilità”.

La sezione Gas & Power conferma “il sostanziale recupero della redditività”, grazie anche alla crescita del Gnl, le cui vendite sono cresciute del 34% nei nove mesi, per oltre la metà sul mercato asiatico: nel terzo trimestre si registra così un utile operativo adjusted di 71 milioni, rispetto alla perdita di 193 milioni del terzo trimestre 2017 e un utile netto adjusted di 30 milioni, contro un ‘rosso’ di 139.

Per quanto riguarda invece Raffinazione e chimica, l’Eni registra un utile netto adjusted complessivo di 57 milioni nel trimestre e di 143 nei nove mesi, in riduzione di circa il 76% rispetto ad entrambi i periodi di confronto, “per effetto del peggioramento della performance operativa”. Per la parte restante del 2018, infine, l’Eni si aspetta, con il barile a 60 dollari, una crescita della produzione di idrocarburi di circa il 3% nell’anno.

Per quanto riguarda la produzione l’Eni, nel terzo trimestre 2018, ha registrato una produzione pari a 1,8 milioni di barili al giorno, in rialzo dell’1,2% a prezzi costanti (invariata su base reported, vale a dire tenendo conto dell’effetto prezzo nei cosiddetti contratti di production sharing). La crescita, spiega il gruppo petrolifero nella nota sui conti, è stata “frenata dai minori volumi di gas prodotti rispetto alle attese a causa di eventi esogeni in alcuni paesi”. Nei nove mesi la produzione si attesta a 1,84 milioni di barili, in crescita del 3,9% a prezzi costanti e del 3% su base reported. Nel corso del trimestre la produzione ha beneficiato dello sviluppo dei grandi progetti a maggiore marginalità come Zohr, Noroos, Jangkrik, OCTP, Nenè; della partenza di altri progetti come Ochigufu, OCTP fase gas e Bahr Essalam fase 2; del maggior contributo di Kashagan e di Val d’Agri (fermata nel 2017); dell’ingresso in Abu Dhabi. Questi fattori “hanno più che compensato la conclusione nel secondo trimestre del contratto produttivo di Intisar in Libia”.

 

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