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Draghi: le parole del Governo italiano hanno fatto danni

E’ difficile che il presidente della Bce sia così esplicito parlando di un singolo stato membro. Mario Draghi, questa volta, fa un’eccezione e affonda: “Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte e quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalmente la legge di bilancio e la successiva discussione parlamentare”, dice, riferendosi all’Italia e alle dichiarazioni che hanno fatto impennare lo spread. “Purtroppo – aggiunge – abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese” anche se “tutto ciò non ha contagiato granché altri paesi dell’Eurozona, rimane un episodio principalmente italiano”.

La Banca centrale europea, comunque, “si atterrà a ciò che hanno detto il primo ministro italiano, il ministro dell’Economia e il ministro degli Esteri, e cioè che l’Italia rispetterà le regole“, puntualizza, rispondendo alla domanda se le politiche del governo e il rialzo dello spread possano richiedere misure da parte dell’Eurotower nel 2019 per evitare fenomeni di contagio. “Non abbiamo ancora visto alcun contagio”, evidenzia.

Prima, rispondendo a una domanda sulle conseguenze per l’Italia della fine del Qe, ha già spiegato la posizione dell’Eurotower. “Il nostro mandato è la stabilità dei prezzi e il quantitative easing è uno degli strumenti con cui lo perseguiamo”, ha ricordato Draghi, aggiungendo: “Nel merito, il mandato della Bce non è assicurare che i deficit dei governi siano finanziati in qualsiasi condizione“.

Guardando, invece, all’intera area Euro, le parole di Draghi in conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio, che ha lasciato i tassi fermi e confermato i tempi di uscita dal Qe, fanno riferimento alle nuove stime del pil dell’area euro per il 2018 e il 2019, limate rispetto a quelle di giugno. La Bce conferma “largamente”, nelle sue proiezioni di settembre, la crescita in corso dell’area euro ma “allo stesso momento sottolinea che sono aumentate recentemente le incertezze relative al crescente protezionismo, la vulnerabilità dei mercati emergenti e la volatilità dei mercati finanziari”. Per il 2018 le proiezioni Bce ora stimano una crescita del 2% contro il 2,1% di giugno mentre nel 2019 sarà dell’1,8% contro il precedente 1,9. Per il 2020 resta confermato un aumento dell’1,7%.

I rischi che pesano sulle stime della Bce restano “bilanciati” senza diventare “negativi”, ma quelli derivanti dal protezionismo e dai Paesi emergenti sono divenuti “più evidenti”, sottolinea Draghi.

In questo scenario macro, per sostenere l’inflazione “sono ancora necessari misure di stimolo” per via dei rischi legati al protezionismo e alle turbolenze sui mercati emergenti. Questo, anche se il rialzo dell’inflazione verso l’obiettivo vicino al 2% continuerà anche dopo la fine del Qe. La Bce conferma le previsioni sull’andamento dell’inflazione e si attende un tasso dell’1,7% dal 2018 fino al 2020.

 

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