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Dentro o fuori

Davvero questi tre mesi sono passati invano? Con ogni probabilità la legislatura nata il 4 marzo non sarà in grado di dare vita a un governo nella pienezza delle sue funzioni. Si tornerà quindi al voto. Vien da pensare: tre mesi di tentativi trascorsi invano. Ma, a ben vedere, qualcosa è ora più chiaro.
L’Italia deve scegliere se stare nell’euro e nella Unione Europea, con vantaggi e oneri che ne derivano, o invece uscire dall’uno e dall’altra, con quanto ne consegue.

Bene ha fatto il Presidente Mattarella a non assecondare scelte, come quella di nominare al Ministero dell’Economia il prof. Savona, che avrebbero condotto velocemente l’Italia a uscire dalla moneta unica e quindi dall’Unione. L’adesione fu il risultato della scelta degli italiani, esercitata attraverso Parlamento e Governo democraticamente eletti. Sta in trattati che l’Italia ha liberamente sottoscritto, adottati in applicazione dell’art. 11 della Costituzione. Alcuni principi di quei trattati sono stati inseriti in Costituzione, in particolare con la riforma dell’art. 81 che prevede ora il pareggio del bilancio pubblico. Gli elettori possono cambiare strada. Ma con una decisione consapevole. Che passi attraverso una campagna elettorale in cui ciascun partito renda esplicita la propria posizione.

Non può essere la conseguenza di una serie di comportamenti che conducono all’uscita. Come annunciare piani per stampare una moneta alternativa; o programmare spese per oltre 100 miliardi in deficit che avrebbero l’immediata conseguenza di far perdere all’Italia la capacità di collocare sul mercato i propri titoli con ciò rendendo l’uscita inevitabile. Anche perché ogni aumento del famigerato spread colpisce i risparmi degli italiani che si sono fidati dello Stato, sottoscrivendo i suoi titoli; fa cadere i valori di borsa, con ciò impoverendo chi aveva avuto fiducia nelle imprese italiane.

Dunque: nella prossima campagna elettorale ciascun partito dica come la pensa su Euro e Unione; chi si pronuncia per stare dentro, si impegni a rispettare le regole che abbiamo concorso a scrivere, almeno fin quando quelle regole, di comune accordo, non saranno cambiate. Chi si pronuncia per l’uscita, ne precisi le modalità, accetti di sopportarne le conseguenze sul valore del risparmio deli italiani, spieghi alle tante imprese e lavoratori che vendono i propri prodotti ai cittadini di altri paesi dell’Unione a chi li potranno vendere in futuro. Se saremo capaci di avere una campagna elettorale così chiara, i mesi trascorsi dalle elezioni del 4 marzo non saranno passati invano.

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