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Dal teatro al Governo

Sono passati quasi tre mesi esatti dalle elezioni del 4 marzo. Tempo speso male, che presenta un conto duro da smaltire. Si è bruciato denaro, rialimentando tensioni sui mercati finanziari che sembravano ormai consegnate alla storia. Si è fatto di tutto per screditare ancora di più l’immagine di una politica che sembrava avesse toccato il suo più basso indice di consenso, prima delle ultime elezioni. Sono prevalsi sempre gli interessi di parte, come è fisiologico che sia. Ma la somma di questi interessi ha prodotto una crisi teatrale, a tratti farsesca. Ci sono state una raffica di consultazioni, due mandati esplorativi e due incarichi formali di formare il nuovo Governo.

Il nuovo premier, Giuseppe Conte, ha fatto un primo tentativo ma è fallito per lo stop del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla nomina di un euroscettico, il professor Paolo Savona, al ministero dell’Economia. Dopo la parentesi Carlo Cottarelli, un tecnico che avrebbe formato un esecutivo senza ottenere la fiducia in Parlamento, si torna a Conte. Questa volta, con un nuovo ministro dell’Economia (Giovanni Tria, professore ordinario di economia politica all’università di Tor Vergata) e con Savona spostato agli Affari Europei. Sembra una provocazione ma è solo l’ultimo compromesso di una lunga serie.

Ora, questo Governo andrà valutato per quello che farà. Con la maggioranza che esprimerà le sue idee e l’opposizione che le contesterà. Soprattutto, con tutte le altre Istituzioni, a partire dal Quirinale, a vigilare sul rispetto della Costituzione e anche sul rapporto con l’Europa e sulla tenuta dell’Euro. Tentando di dimenticare in fretta lo spettacolo andato in scena finora.

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