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Il mattone ai raggi X, come cambia il mercato

Di Francesco Chierchia. Comprare casa rappresenta ancora oggi una priorità per le famiglie? In Italia tre cittadini su quattro abitano in un immobile di proprietà, e chi non ne possiede uno nel lungo periodo vorrebbe comunque acquistarlo. Nel Belpaese l’investimento nel mattone è sempre stato considerato una soluzione senza rischi, un’operazione win-win con cui immobilizzare il capitale investito ed accrescerne il valore nel tempo. Tuttavia, nemmeno un settore solido come l’immobiliare sembra esser riuscito a sfuggire alla crisi economica degli ultimi anni, tanto che la storica certezza che vedeva conveniente scegliere di avere un “tetto sicuro” sulla testa sembra esser in parte venuta meno. “L’investimento deve essere razionale. Se non lo capite, non lo fate”, ha spesso affermato il celebre imprenditore statunitense Warren Buffet, e per capire lo stato di salute attuale del mercato immobiliare nazionale ed europeo abbiamo intervistato Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it, e ad Alberto Cogliati, Direttore Commerciale di Engel & Völkers Italia.

Qual è stato l’andamento del mercato immobiliare italiano negli ultimi 5 anni? Il mattone rappresenta ancora un bene rifugio per le famiglie?

Giordano. “Negli ultimi cinque anni in Italia siamo passati da 400mila a circa 580mila compravendite all’anno. Questo indica sicuramente una ripresa della fiducia dei consumatori ed è il risultato di un accesso più facile ai mutui per l’acquisto degli immobili, da sempre bene rifugio per eccellenza degli italiani. Trend che però negli ultimi anni, in particolar modo nelle grandi città, sta per cambiare direzione: sempre più persone prediligono la locazione e non più come alternativa all’acquisto imposta da possibilità economiche limitate. Venendo ai costi delle abitazioni in vendita, secondo i dati dell’Osservatorio di Immobiliare.it sul mercato residenziale italiano, dopo anni in forte perdita nel 2017 i valori degli immobili sono finalmente più vicini alla stabilità, con una variazione annuale pari al -0,5%. Se questo è vero a livello generale, è chiaro che il nostro Paese resta uno scenario fortemente frammentato e la situazione nei circa 8mila comuni dello Stivale cambia, e di molto. Le grandi metropoli sono quelle in cui la stabilità sembra più vicina o che addirittura vivono già una ripresa: Milano in particolare ha chiuso il 2017 in positivo (+0,6%) con prezzi delle case che hanno superato quelli di Roma, mentre in circa 1.000 comuni italiani il 2017 si è concluso con zero transazioni, segno di una totale assenza di mercato in territori che non offrono opportunità lavorative e stanno vivendo una condizione di abbandono”.

Come si è comportato invece il settore immobiliare nei principali Paesi europei (Spagna, Francia e Germania)?

Cogliati. “Partendo dalla Spagna, si tratta di un mercato in ascesa grazie a tassi di interesse bassi e, nell’ultimo decennio, le transazioni immobiliari sono aumentate di circa il 15%. Anche il settore immobiliare francese ha registrato un trend positivo, favorito dai bassi tassi di interesse e da un buon contesto economico. Differente è lo scenario in Germania, dove la domanda di proprietà residenziali incontra un’offerta sempre più scarsa, e questo porta a un notevole aumento dei prezzi. In quest’ottica i punti di forza del mercato italiano sono le città a densità più elevata in quanto sono ripartite grazie alla riqualificazione di molte aree urbane che sono diventate maggiormente attrattive, le città d’arte in quanto la cultura è un asset fondamentale del nostro Paese e le località di villeggiatura più prestigiose che raggiungono una clientela internazionale. Sul fronte opposto l’instabilità politica e la scarsa fiducia nel futuro sono gli elementi di debolezza, che si riflettono a livello economico soprattutto per quanto riguarda il mercato di fascia media. Le imposte elevate, poi, insieme alla mancanza di riforme, hanno contribuito ad arenare la ripresa economica contrariamente a quanto è accaduto in altri Paesi europei quali Spagna e Francia dove si è intervenuti con delle riforme ad hoc sull’immobiliare che hanno beneficiato sul loro sistema Paese ed inciso positivamente sul relativo pil”.

Quali prospettive offre attualmente il settore immobiliare di Roma? Negli ultimi anni la Capitale ha risentito di un contesto difficile.

Giordano. “In cinque anni i prezzi richiesti per l’acquisto di immobili a Roma hanno perso circa il 20%. La gestione e la manutenzione delle abitazioni e degli stabili nella Capitale è molto meno scrupolosa rispetto, ad esempio, a Milano. La rivalutazione passa anche per la riqualificazione e per la valorizzazione degli stabili, motivo per cui laddove questa ha delle carenze i prezzi degli immobili continueranno a scendere. Roma ha chiuso il 2017 con un -2,9% e valori che l’hanno posizionata come terza città più cara subito dopo Firenze e Milano. Lo stesso trend si ritrova anche nel primo trimestre 2018 in cui Milano, a fronte di un aumento dello 0,6% dei valori immobiliari ha consolidato il sorpasso ai danni di Roma, città in cui si spendono in media 3.224 euro/mq (-0,2%) contro i 3.256 euro del capoluogo meneghino”.

Analizzando il mercato del mattone delle principali capitali UE (Parigi, Madrid e Berlino) che tipo di quadro emerge?

Cogliati. Parigi è in linea con il trend nazionale positivo: nel 2017 sono stati venduti 39.000 appartamenti, per un incremento del 17% rispetto al 2016. Il prezzo medio è di 9.000 euro/mq e si prevede che per i prossimi 10 anni Parigi sarà la prima città europea per gli investimenti immobiliari. Anche Madrid è molto richiesta, grazie alla costruzione di nuovi edifici nelle posizioni migliori, e i prezzi possono arrivare fino a 15.000 euro/mq. Berlino, invece, sta raggiungendo il limite massimo del mercato, con prezzi in aumento esponenziale a causa di una minore offerta nel settore. Qui i prezzi possono arrivano fino a 19.500 euro/mq, motivo per il quale la maggior parte degli acquirenti si sta spostando sempre più verso le periferie.

Stando ai numeri citati e alle prospettive di breve periodo, in quale dei Paesi osservati converrebbe investire oggi?

Cogliati. Sicuramente risulterebbe più vantaggioso investire in Spagna. La pensano così i molti italiani, soprattutto in pensione, che acquistano immobili in località iberiche e del Portogallo, attraenti per i prezzi ancora competitivi e la qualità della vita. In particolare, tra le mete preferite spiccano le Isole Baleari e le Canarie.

Ritornando al contesto italiano, quali sono in questo momento le zone più care in cui acquistare un immobile? E quelle più economiche? Quali sono invece le aree in cui si prevedono gli aumenti di valutazione più evidenti?

Giordano. Le metropoli e le grandi città sono quelle in cui la crisi sembra più lontana. Guardando alla domanda di abitazioni nelle tre metropoli italiane (Milano, Roma e Napoli) nel 2017 il trend di crescita è stato pari all’8,7% in un anno, segno di un forte interesse che nel corso del 2018 porterà anche i costi delle abitazioni ad aumentare. Questo anche perché si assiste a una polarizzazione del mercato del lavoro, sempre più concentrato nelle grandi metropoli. La domanda qui continuerà a crescere, mentre l’offerta stenterà a rispondere, vista anche la difficoltà tutta italiana di riqualificare a causa della frammentazione della proprietà dei condomini. A registrare prezzi degli immobili in costante aumento, secondo la nostra ultima rilevazione di marzo 2018, sono Venezia, Firenze e Bologna: nella Laguna i 2.861 euro al metro quadro sono frutto di un aumento trimestrale dell’1,7%; nel capoluogo toscano, che con i suoi 3.580 euro/mq rimane quello più caro in assoluto, i prezzi sono cresciuti dell’1,6%; a Bologna l’oscillazione ha registrato il +1,5% (con una richiesta media di 2.697 euro/mq).

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