Raffica di bocciature sul Def. Inesorabili sono arrivati gli stop della Banca d’Italia, della Corte dei Conti e ultimo, ma non meno significativo, dall’Ufficio parlamentare di Bilancio.
Prima che l’Ufficio di Montecitorio chiudesse il cerchio, erano state prima Bankitalia poi la Corte dei Conti a impallinare la manovra del Governo. Lo spread pesa sulle famiglie e le imprese italiane; le misure della manovra hanno un impatto modesto e graduale nel tempo; non si deve tornare indietro sulle pensioni. E la crescita del pil, che nel 2019 sarà comunque inferiore all’1%, non deve essere in contrasto con la disciplina di bilancio. Quella di Bankitalia è una bocciatura piena, argomentata nei dettagli, della nota di aggiornamento al Def. Il debito pubblico italiano “è detenuto per circa due terzi da istituzioni e soggetti italiani ma ciò non lo isola dalla logica del mercato che cerca il rendimento e fugge l’incertezza. Le oscillazioni del suo valore esercitano i propri effetti anche sui soggetti italiani, famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che lo detengono”, dice il vicedirettore generale di via Nazionale, Luigi Federico Signorini, in audizione in Parlamento. Non solo. “Una minore valutazione dei titoli di Stato in portafoglio incide sui requisiti patrimoniali delle banche; oltre certi limiti può ridurne la capacità di offrire credito all’economia”. Pronta (e anche politicamente) minacciosa la replica dell’ex deputato Alessandro Di Battista: “E’ ora di mettere mano alla governance di Bankitalia.
Parole nette anche sulla crescita. “Ridurre il divario rispetto all’Europa è un obiettivo fondamentale, è necessario anche per mettere sotto controllo il rapporto tra debito e prodotto. Una crescita più sostenuta e una maggiore coesione sociale non sono in contrasto con la disciplina di bilancio”. Intanto, ci sono i dati. “Le informazioni più recenti suggeriscono che, a parità di ipotesi sulle politiche economiche, la crescita dovrebbe essere leggermente inferiore sia quest’anno che il prossimo” rispetto all’1,3% nel 2018 e all’1% nel 2019 stimati nel bollettino economico di luglio.
Poi, più nello specifico, le misure della manovra. “L’aumento dei trasferimenti correnti” per reddito di cittadinanza e pensioni “così come gli sgravi fiscali, tendono ad avere effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo; stimiamo che il moltiplicatore del reddito associato a questi interventi sia contenuto”, evidenzia Signorini. Anche lo stop all’Iva dovrebbe avere “un effetto limitato”. Impatto che “potrebbe essere ancora inferiore o nullo se il mancato aumento dell’Iva fosse già stato incorporato nelle aspettative delle famiglie”.
Il capitolo pensioni riserva la valutazione più netta. “La Nota sottolinea giustamente che le riforme pensionistiche introdotte negli ultimi vent’anni hanno significativamente migliorato sia la sostenibilità sia l’equità intergenerazionale del sistema pensionistico italiano. E’ fondamentale non tornare indietro su questi due fronti”, scandisce Signorini, evidenziando che la sostenibilità del sistema è “un fondamentale elemento di forza delle finanze pubbliche italiane”.
Nelle coperture, poi, bisognerà “evitare che a misure espansive permanenti facciano fronte anticipi di entrate, coperture temporanee o clausole di incerta applicazione”. Questo, perché “ogni miglioramento conseguito sul fronte del reddito e della sua distribuzione sarà tanto più solido quanto più fondato su stabili coperture di bilancio, quanto più accuratamente disegnato per tener conto degli incentivi a creare reddito e lavoro, la via più certa per combattere la povertà”.