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Banche, San Marino ‘prepara’ legge su bail in

Al momento non è che una proposta di taglio governativo ma anche San Marino, come già l’Italia, potrebbe vedere inserita, nel proprio ordinamento, la normativa sul ‘bail in’. Lo strumento – particolarmente temuto dai risparmiatori – varato dall’Unione Europea per risolvere eventuali crisi bancarie attraverso il diretto coinvolgimento di azionisti, obbligazionisti e correntisti degli istituti di credito senza investire i contribuenti. E con lo Stato a intervenire come extrema ratio e solo nel caso in cui venga messo in pericolo il pubblico interesse, senza finanziamenti a fondo perduto. Sulla scia delle regole internazionali, la Repubblica di San Marino, ha pronta una legge per introdurre nel proprio sistema bancario la misura che prevede il ‘salvataggio interno’ da parte – in ordine gerarchico – di proprietari, azionisti, obbligazionisti per arrivare fino ai correntisti con più di 100.000 euro depositati.

La norma, ‘Strumenti di risoluzione delle crisi bancarie a tutela della stabilità del sistema finanziario’, è stata pensata sulla scia della normativa Ue del 2014, recepita in Italia nel 2016 e sarebbe una soluzione, appoggiata da Banca Centrale di San Marino (Bcsm) l’istituto di vigilanza nazionale, per arginare i default bancari che negli ultimi 10 anni hanno dimezzato il numero degli istituti attivi in Repubblica. In Italia, a finire direttamente sotto il ‘bail in’, sono state Banca Etruria, Banca Marche e le Casse di Risparmio di Ferrara e di Chieti, il cui salvataggio è avvenuto con il varo del cosiddetto ‘Salvabanche’ alla fine del 2015. Nel complesso per le quattro banche sono stati coinvolti 130.000 risparmiatori tra azionisti e sottoscrittori di bond subordinati. Quello sanmarinese, per ora, è un disegno di legge di iniziativa governativa, direttamente dalla segreteria della Finanze del ministro Eva Guidi, che andrà presentata in Consiglio Grande e generale tra il 13 e il 14 giugno prossimo, ma la discussione tra gli addetti ai lavori e non solo, è accesa da tempo.

La paura è che si possa minare la fiducia dei risparmiatori nei confronti del sistema bancario sammarinese e quindi favorire una fuga dalle banche con il rischio proprio di provocare i temuti default. Il testo sarà oggetto di discussione politica e tecnica con le categorie economiche. Tra i punti fondamentali della legge, che stanno già sollevando obiezioni da più parti è che, a San Marino, per attivare la “risoluzione” della banca basta che questa abbia gli attivi inferiori ai passivi. Gli azionisti inoltre vengono spogliati dei titoli ma anche dei depositi e per gli amministratori vengono introdotte azioni di responsabilità con un effetto retroattivo di 24 mesi. Per i correntisti si propone un ricorso al Fondo di garanzia che garantirebbe una copertura maggiore, secondo i promotori della legge, rispetto a quanto previsto oggi dalle norme sulla liquidazione coatta, dal prelievo forzato vengono fatti salvi i deposi fino a 100 mila euro. Il vero rischio che corre San Marino, è proprio legato alla inconsistenza del Fondo di garanzia (circa 8 milioni di euro in totale) quando ad esempio per il solo Credito industriale sammarinese in amministrazione controllata da 4 mesi e con i conti correnti bloccati servirebbero 90 milioni di euro.

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