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Ancora tensioni con Ue. Borghi: non ci sarà procedura infrazione

Il clima dell’Unione Europea è teso come una corda di violino, forse come mai prima, e l’Italia sta giocando un ruolo centrale in questo scenario. Ad alimentare lo scontro quotidiano tra i vertici Ue e il governo giallo-verde, è la ‘manovra del cambiamento‘, che vuole ‘cambiare’ il Paese a suon di debito e senza un progetto di crescita che convinca la stessa industria italiana, come rimarcato più volte dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Ne parla di nuovo oggi il Financial Times che in seconda pagina spiega come Roma abbia “sfidato” le richieste della Commissione europea di rivedere i piani di spesa e ora dovrà affrontare le conseguenze.

“Funzionari della Commissione hanno avvertito che cambiamenti cosmetici non sarebbero abbastanza per fermare l’attivazione della procedura di sanzioni che potrebbe avvenire mercoledì prossimo”, scrive il Ft, che riporta i commenti dei ministri di Austria e Olanda a favore della procedura. Le sanzioni potrebbero arrivare allo 0,5% del Pil. Ma i vertici nostrani non mostrano cenni alcuni di turbamento: “Non sono preoccupato”, afferma il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi secondo il quale la procedura di infrazione “non ci sarà, perché altrimenti vorrebbe dire che le regole vengono applicate con discrezionalità” e che l’Europa davanti a conti veri di altri paesi (Francia, Spagna, Germania) non interviene mentre interviene “sulle nostre misure che devono ancora venire”, spiega ad Agorà, su Rai 3. E poi la frecciata: “”L’Italia paga l’Europa…. Non riceve di più di quello che paga …. L’Italia é un contributore netto”.

Tuttavia, questa mattina i timori della Commissione Europea sono rivolti a un’altra delle iniziative del governo Conte: il Dl Sicurezza che “solleva diverse preoccupazioni dal punto di vista dei diritti umani di migranti e richiedenti asilo”, spiega all’ANSA Dunja Mijatovic, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa. “Rappresenta un passo indietro in termini di accesso alla protezione per le persone su cui incombono gravi minacce, o che le hanno già subite”, e “non consentendo ai richiedenti asilo di accedere al sistema degli Sprar, si metterà ulteriormente in difficoltà il sistema di ricezione e integrazione italiano”.

Il commissario ritiene che nel testo “manchino alternative alla detenzione” e che non siano previste “garanzie adeguate contro privazioni della libertà non necessarie e di lunga durata”. Il dl dovrebbe inoltre “garantire chiaramente che i minori con o senza famiglia non possano essere detenuti”. “Sono pienamente consapevole delle sfide che l’Italia deve affrontare in quanto Paese di primo arrivo dei migranti”, ha detto Mijatovic, aggiungendo che negli ultimi anni sono stati fatti sforzi lodevoli per accogliere e integrare i richiedenti asilo e i rifugiati. “Sono pertanto preoccupata per una possibile regressione che andrebbe contro la tradizionale accoglienza italiana delle persone che hanno bisogno di protezione”. Il commissario chiede quindi al Parlamento “di evitare di prendere decisioni affrettate e di valutare le preoccupazioni che solleva, consultando anche le organizzazioni che si occupano di diritti umani e la società civile”.

Nel frattempo, un altro Paese si divide sullo sfondo delle tensioni che fanno perno sull’Unione Europea: si tratta del Regno Unito, dove si è dimesso il sottosegretario Irlanda del Nord Shailesh Vara all’indomani dell’accordo sulla Bexit approvato dal governo di Londra. Vara, sottosegretario al dicastero dell’Irlanda del Nord (junior minister nella definizione britannica) è il primo componente del governo di Theresa May a dimettersi per protesta contro l’intesa con Bruxelles. Nella lettera di rinuncia deplora che la bozza sia destinata a lasciare il Regno Unito “a metà del guado”.

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