La Pontificia Fonderia Marinelli è l’azienda artigiana a conduzione familiare più antica al mondo. Un’eccellenza italiana raccontata dal titolare e maestro campanaro Armando Marinelli
“Lavoriamo come mille anni fa, da noi tutto è rimasto uguale. Gli stessi odori, i movimenti, la terra che calpestiamo. Questo modo di fare è stato tramandato nella nostra famiglia per 27 generazioni. Le tecnologie, certo, potrebbero aiutarci, ma noi non vogliamo perdere quel senso di manualità e il legame millenario che ci ricorda chi siamo”. Ad Agnone, 4.500 abitanti nel Molise, dal 1040 vive e crea la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli.
Ce la racconta il maestro campanaro Armando Marinelli, titolare dell’azienda artigiana (la più antica al mondo a conduzione familiare) insieme al fratello Pasquale: “Lo stemma pontificio ci è stato concesso nel 1924 da Pio XI e l’anno scorso l’Unesco ci ha inserito nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità per la conservazione dell’arte campanaria e del suono delle campane”.
Un luogo senza tempo
L’odore del legno, del metallo fuso, dell’argilla. Fuoco, cenere, scintille. Il ferro battuto. Poi c’è la Sala del Paradiso, il laboratorio artistico circondato da migliaia di stampi d’immagini sacre che decorano le campane trasformandole in secolari documenti di bronzo: “Per farne una di dimensioni medie occorrono 3-4 mesi, per quelle più grandi anche un anno e mezzo”, riprende Marinelli, “è un lavoro delicatissimo, soprattutto la fusione. Alla fine viene il parroco e preghiamo, un rito a cui teniamo molto che serve a consacrare la campana”.
Ogni distrazione comprometterebbe tutto e per questo serve manodopera specializzata. “Solitamente lavoriamo in quindici, chi guarda le argille, chi la fusione, chi la cesellatura. Mia moglie Paola è scultrice e mio figlio Ettore, che ha frequentato l’Accademia di Belle Arti, dirige il reparto artistico e si occupa di sculture grandi, monumenti e statue. Poi ci sono gli esterni, ad esempio per la fornitura del carbone, il montaggio o la parte elettronica. La manodopera si trova, ma manca quella specializzata, che mette entusiasmo nel lavoro e lo rende migliore di altri. Mio nonno andava a controllare ogni pezzo di legno per i nostri forni perché anche da quello dipendeva la riuscita della fusione. Oggi non ci sono più i taglialegna, i carbonai lavorano in modo industriale, mancano anche le lavorazioni artistiche. I cesellatori facevano cose straordinarie, che sempre più realizzeranno i macchinari e questa intelligenza artigianale che cerchiamo di difendere, col tempo, purtroppo andrà perduta”.
Arte e storia
La fonderia s’è fermata soltanto durante la Seconda guerra mondiale, quando il metallo serviva ai fini bellici. E ha dovuto affrontare, subito dopo, un terribile incendio che ha distrutto pure l’archivio, tanto che i Marinelli ancora cercano loro campane nel mondo come ulteriori testimonianze della loro attività. Nonostante questo, nel 1954 hanno ottenuto la medaglia dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi come, già allora, “ditta più anziana per attività e fedeltà al lavoro in campo nazionale”.
Ogni loro campana ha una storia, un suono unico determinato dal rapporto tra diametro, altezza e spessore. E tante hanno accompagnato eventi epocali. Ad esempio il Giubileo del 2000: “Ci siamo proposti dopo la visita alla fonderia nel 1995 di papa Wojtyla, che a pensarci ancora mi emoziona. Una grande campana suonata in San Pietro e oggi conservata nei Giardini Vaticani. Poi quelle fatte nel 1949 per la ricostruzione dell’abbazia di Montecassino e anche lo scorso 24 dicembre, un’ora prima dell’apertura del nuovo Giubileo, il nostro tecnico veterano, il maestro Antonio Delli Quadri, 88enne,
ha suonato le nostre campane. Adesso ne stiamo realizzando una per un monumento commemorativo per Hiroshima, destinata all’Expo di Osaka 2025”continua il maestro.
Le Fonderie nel 1999 hanno inaugurato, sempre ad Agnone, anche il Museo storico della campana Giovanni Paolo II, che espone tra le altre una loro campana dell’anno Mille e spiega l’arte campanaria anche alle scolaresche: “I giovani, abituati ai computer, apprezzano sempre meno il lavoro manuale. I bambini stentano a credere che lavoriamo col fuoco e l’argilla. Noi cerchiamo di coinvolgerli anche coi cartoni animati affinché capiscano il senso delle campane. Oggi si sentono sempre meno, sommerse da mille rumori, ma prima scandivano la giornata della comunità, nelle torri civiche ricordavano l’ora, avvertivano di un pericolo, guidavano i marinai. La tecnologia le ha tolto valore ed è un peccato perché la campana è sempre stata amica dell’uomo e ancora gli è vicina, per celebrare una festa o dare dignità a un addio”.
In tutto il mondo
Il progresso ma anche la crisi della Chiesa hanno ridotto il lavoro dell’azienda, soprattutto in Italia: “C’è stato un calo evidente nella fede, io ho 64 anni ma a messa sono tra i più giovani”, conclude Marinelli, “Però facciamo anche campane piccoline per privati e poi monumenti, porte, statue e altre sculture in bronzo. Lavoriamo molto con l’estero: Stati Uniti, Vietnam, Tanzania, Congo… abbiamo fatto una campana per la Macedonia. Questo ci fa lavorare tutto l’anno permettendoci di sopravvivere come azienda familiare e di sopperire ai vuoti con la parte artistica. Così continueremo come ci hanno insegnato i nostri padri a portare avanti la cultura della campana”.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)