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Guerra dei chip Cina-Usa: per Nvidia oneri fino a 5,5 mld

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Velasco25 Articolo

Nvidia, l’azienda più strettamente legata al boom dell’intelligenza artificiale, si trova ancora una volta al centro della rivalità tecnologiche tra Stati Uniti e Cina.

Le azioni del chipmaker sono scese di quasi il 7% nelle contrattazioni post-market dopo che l’azienda ha rivelato di non poter più esportare i suoi chip H20 ai clienti cinesi. In un documento sui titoli, Nvidia ha previsto oneri per 5,5 miliardi di dollari a causa del divieto di esportazione.

I controlli sull’export si estendono ora ai chip H20 di Nvidia, al chip MI308 di AMD e ai loro equivalenti. Le azioni di AMD sono scese del 7,6% nel post-market.

Anche le azioni dei fornitori di Nvidia in Asia hanno subito un calo nelle contrattazioni di mercoledì. Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation è scesa del 2,5%, mentre il produttore di memorie SK Hynix ha perso il 3,9%.

Nvidia ha progettato il chip H20 per rispettare le precedenti regole di Biden sulle esportazioni di chip in Cina. Nella sua ultima relazione sugli utili, il colosso ha dichiarato di aver generato il 13% delle entrate dai clienti che utilizzano la Cina come luogo di fatturazione, in calo rispetto al 17% dell’anno precedente. In precedenza gli analisti avevano stimato che Nvidia avrebbe spedito in Cina chip H20 per un valore di 12 miliardi di dollari nel 2024.

La notizia di Nvidia ha influenzato negativamente i mercati dell’Asia-Pacifico mercoledì. L’indice Hang Seng di Hong Kong è sceso dell’1,9% circa, con le aziende tecnologiche tra le più colpite. Anche i mercati della Corea del Sud, del Giappone e di Taiwan hanno registrato un andamento negativo.

Tuttavia, gli analisti non sono sorpresi dal fatto che Washington stia continuando a stringere su Nvidia in un contesto di intensificazione della guerra commerciale e della rivalità tecnologica con Pechino.

“Il commercio di chip di Nvidia e di altri con la Cina è da tempo nel mirino del governo statunitense”, afferma Marc Einstein, direttore di ricerca di Counterpoint Research, che ha sede in Giappone. Aggiungendo poi che la capacità di DeepSeek di sfruttare chip meno potenti per l’AI ad alte prestazioni ha messo in allarme il governo statunitense.

Dan Ives di Wedbush Securities scrive che Nvidia è un “asset strategico fondamentale” per l’amministrazione Trump e che la Casa Bianca vuole assicurarsi che i chip dell’azienda non finiscano in Cina nel contesto di questa guerra commerciale.

Un punto che potrebbe anche porre Nvidia al centro dei negoziati tra Cina e Stati Uniti, se e quando si svolgeranno. I controlli sui chip “fanno parte delle questioni commerciali generali tra gli Stati Uniti e la Cina e probabilmente saranno inclusi in qualsiasi accordo verrà raggiunto”, afferma Einstein.

La mossa di Trump suggerisce anche che probabilmente continuerà a controllare le esportazioni in modo più mirato contro il settore tecnologico cinese rispetto al suo predecessore, anche prendendo di mira l’export cinese in maniera più ampia.

Einstein pensa che Nvidia sarà in grado di scrollarsi di dosso il recente divieto sui chip imposto da Trump, grazie alla sua forza al di fuori del mercato cinese. Tuttavia, avverte che i controlli sulle esportazioni “accelereranno il desiderio della Cina di avere semiconduttori nazionali più sofisticati”.

La Cina sta rapidamente diventando una potenza dei chip, soprattutto per quanto riguarda i ‘chip legacy’ meno avanzati. Ma il Paese sta lentamente facendo progressi anche nei suoi tentativi di creare chip più sofisticati su scala.

Huawei, a cui è stato impedito di acquistare chip avanzati dal 2020, ha dimostrato di poter aggirare le sanzioni statunitensi quando, nel 2023, ha presentato per la prima volta uno smartphone premium con un processore di produzione nazionale. Il gigante tecnologico cinese si è poi esteso ai chip per l’intelligenza artificiale: i suoi chip Ascend, che mirano a competere con i processori prodotti da Nvidia e AMD, sono ora legati a DeepSeek, il modello di intelligenza artificiale cinese che ha scosso i mercati all’inizio di quest’anno.

Gli esperti notano che i controlli sulle esportazioni statunitensi stanno spingendo a ulteriori investimenti rivolti all’autosufficienza tecnologica cinese, in quanto l’industria dei chip è costretta a imparare a produrre senza avere accesso ai semiconduttori e agli strumenti di produzione statunitensi.

“È irrealistico aspettarsi un vantaggio di più di un anno o due, anche con controlli estremamente aggressivi sulle esportazioni”, ha scritto all’inizio dell’anno Gregory Allen, direttore del centro AI Wadhwani del CSIS, riferendosi al divario tra Stati Uniti e Cina nello sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Pechino sta anche potenziando la sua politica sui chip. L’anno scorso, i funzionari hanno stanziato altri 47,5 miliardi di dollari in quello che è comunemente noto come il ‘Grande Fondo’, un’iniziativa per sviluppare il settore cinese dei semiconduttori.

L’articolo è stato pubblicato originariamente su Fortune.com

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