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Le edicole non finiranno come le cabine telefoniche

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Intervista a Renato Russo (Snag), che analizza lo stato di salute delle edicole, senza recitare il De profundis.

In Italia oggi ci sono 10.720 edicole. Nel 2020, erano 13.189. Nel 2001, stando alla Camera di Commercio, circa 36mila. Più di 2mila Comuni non ne hanno, altrettanti soltanto una. Nel 2023 (Format Research per Snag) l’87,8% degli edicolanti aveva più di quarant’anni e per il Censis l’83,7% degli italiani s’informa usando lo smartphone, tanto che mentre nel 2004 si vendevano ogni giorno 9,5 milioni di quotidiani, oggi non si arriva a un milione.

Attenzione, però: l’inesorabile trend di chiusure di edicole negli ultimi cinque anni è sceso dal 13,3% al 4,6% annuo. Merito di misure di sostegno statali che hanno rallentato l’emorragia di chioschi, permettendo loro di riorganizzarsi anche diversificando l’offerta. Lo spiega a Fortune Renato Russo, presidente dello Snag (Sindacato nazionale autonomo giornalai): “Siamo riusciti a far convergere gli aiuti di Stato, prima destinati soltanto agli editori, anche sulla rete di vendita. Questo ha permesso alle edicole di essere ancora vive”.

Non è quindi ancora tempo di recitare il De profundis…

Se analizziamo gli ultimi vent’anni del commercio, stravolto da quello elettronico, le edicole resistono rispetto ad altri settori. La nostra è una crisi di riflesso e che subiamo, causata dalla difficoltà di una fetta di editoria ad adeguarsi alle tecnologie che rendono obsoleti ad esempio i quotidiani nel consumo delle informazioni. Quando invece arrivano prodotti validi le edicole sono bravissime a venderli. Penso al recente caso dei Topolino in dialetto, esauriti in poche ore.

Cosa chiedete al Governo per questo 2025?

Innanzitutto di trasformare in un sostegno strutturale il bonus (del 2023, ndr) per il recupero del 50% delle spese sostenute dall’edicolante, dall’occupazione del suolo all’elettricità. È una misura vitale, che stabilizzerebbe la rete di vendita.

Senza, il calo oggi fisiologico del 4,6% annuo rischierebbe di aumentare vertiginosamente. Inoltre necessita aprire con gli editori un tavolo per ridiscutere l’accordo nazionale su un modello distributivo vecchio di 18 anni.

Distribuzione che a volte non aiuta.

Ci sono tanti comuni che non hanno edicole perché considerati scomodi da raggiungere. A Rieti il distributore locale ha informato che non rifornirà Amatrice, Rivodutri, Castel Sant’Angelo e un’altra dozzina di comuni della provincia costringendo edicole esistenti a chiudere, in una situazione di monopolio com’è di fatto quella della distribuzione.

Eppure il contratto prevede che tu faccia sì Rieti dove c’è la polpa, però anche gli ossicini della provincia. Anche perché i cittadini di quelle località pagano le tasse che contribuiscono al fondo per l’editoria per poi vedersi negare un diritto costituzionale com’è quello all’informazione.

Quanto le edicole soffrono la concorrenza dei supermercati, figlia della liberalizzazione della vendita dei giornali di fine anni Novanta?

Credo che l’idea di liberalizzare il mercato sia stata l’inizio della fine. Gli editori potevano contare su una rete capillare di professionisti del settore ma – suppongo, perché questo è un terreno che non conosco – non essendo interessati soltanto alla vendita ma anche alla diffusione del prodotto, hanno deciso di aumentare i punti vendita per incrementare la tiratura delle copie e quindi i tabellari pubblicitari.

Peccato però che dopo l’entusiasmo iniziale tabaccai, benzinai e gli stessi supermercati si sono tirati indietro perché vendere i giornali è un lavoro impegnativo 360 giorni all’anno. Bisogna fare la resa, svegliarsi presto… E così abbiamo adesso il paradosso che le edicole diminuiscono e nessuno vuole più i giornali.

I giornali li ha invece fortissimamente voluti la 19enne Giulia Piras, che ha rilevato l’edicola di Farneta, piccola località sull’Appennino modenese…

Un’eroina per noi, perché tante edicole sono vive proprio grazie a soggetti come lei, oltre che a distributori pronti a rifornirli. Però andava aiutata dallo Stato, anche perché si è organizzata per diventare il riferimento di quella frazione vendendo pure altre cose.

E infatti un’ulteriore richiesta che formalizzeremo al Governo è un incentivo destinato agli under 35 che vogliono intraprendere quest’attività. Ci sono chioschi in Italia che, pur essendo economicamente validi, chiudono perché i titolari hanno raggiunto l’età pensionabile e non riescono a venderli. Anche a causa dei necrologi che convincono la gente che le edicole faranno la fine delle cabine telefoniche.

Siete quindi favorevoli al fatto che nei chioschi si venda anche altro?

Nei piccoli Comuni è impensabile che resistano edicole pure. Con mille, duemila abitanti è normale che si vendano anche profumi e giocattoli, che si possa scommettere, fare ricariche, ritirare o spedire pacchi. Abbiamo permesso anche ad alcuni chioschi di abilitarsi per il rilascio dello Spid.

Non è il massimo ma in generale, dovendo fare i conti a fine mese, bisogna compensare i ridotti introiti sui giornali. È però necessario fare formazione in modo che l’edicolante diventi anche un po’ commerciante, si sappia proporre alla clientela e sia informatizzato. Senza esagerare, perché altrimenti andrebbe persa quella professionalità su cui gli editori hanno sempre potuto contare.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)

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