Non capita davvero che si arrivi a invertire i giorni della settimana, con la gioia che si dovrebbe provare il venerdì, al termine dell’impegno lavorativo, che invece si presenta il lunedì, quando si riprende con il tran-tran. Ma senza arrivare a dire subito dopo la domenica il “grazie a Dio è lunedì” danzando sulla pista con la voce di Donna Summer, non c’è dubbio che il valore della soddisfazione sul lavoro rappresenti una variabile fondamentale per accettare di buon grado fatiche ed oneri della professione.
L’insospettabile potere del sorriso nelle relazioni e sul lavoro
E occorre che ci sia una maggior attenzione a questo parametro, se non proprio alla felicità, dei dipendenti. Attenzione: non si parla solo di aspetto economico, con contribuzioni che vengano considerate eque rispetto a mansione ed impegno. Ma anche di percezione di sicurezza, accettazione e spirito di squadra. Insomma, bisogna pensarci e programmare. Per il bene del singolo e dell’azienda.
A offrire questo stimolo alla riflessione, incrociando psiche e portafoglio, è una ricerca dell’Università della Georgia coordinata da Susana Ferreira, apparsa sul Journal of Environmental Economics and Management, che ha tra i coautori Sara Martínez de Morentin e Amaya Erro-Garcés.
Fra teoria e pratica: il mercato del lavoro e le sfide
La ricerca ha voluto andare oltre il classico modello salariale, che vede una contribuzione equa per i lavoratori in base ai compiti. Questa modalità d’approccio si basa su condizioni di lavoro e di mercato del lavoro perfette e presuppone che i lavoratori siano razionali, pienamente informati e possano cambiare posto liberamente.
Come ci dice la realtà, non sempre è così. E si è costretti a compromessi tra condizioni di lavoro e retribuzione, con mercati rigidi che tendono a “bloccare” la persona nel suo ruolo. E allora, cosa fa la differenza? La soddisfazione in quello che si fa. Secondo gli esperti, dunque, occorre trovare il giusto bilanciamento tra retribuzione e condizioni di lavoro.
“Le persone che non vengono pagate abbastanza per compensare i rischi che affrontano potrebbero accettare un altro lavoro, mentre se operano in condizioni meravigliose, forse accetteranno uno stipendio più basso“. Così commenta la Ferreira, auspicando una maggior mobilità del lavoro, ma senza negare che che spesso i compiti meno graditi sono anche quelli che pagano di meno. Ed è proprio in questo che sta un inghippo difficile da sciogliere.
L’inghippo
Studiando le informazioni relative a quasi 35.000 lavoratori europei, si è visto che in genere chi affronta rischi più elevati viene pagato di meno. Si crea insomma un circolo vizioso difficile da spezzare. Perché a condizioni meno agevoli e con rischi maggiori spesso corrispondono retribuzioni comunque non ritenute soddisfacenti. Il che rende davvero difficile accettare, sul fronte psicologico ed economico, quanto si prova ogni giorno. E diventa davvero utopico pensare che le persone si rechino al lavoro con il sorriso sulle labbra.
Contromisure possibili? Prima di tutto, per il benessere psicofisico dei dipendenti occorre adeguare quanto accade alle reali necessità di chi lavora. Lo studio ha provato a mettere in fila i dati, arrivando a quantificare in poco meno di 30 dollari l’ora il compenso medio dei lavoratori che possa permettere di eliminare tutti i rischi per la salute e la sicurezza che percepiscono per essere soddisfatti della loro posizione. Il tutto, con un costo aggiuntivo per le migliori condizioni.
Pur senza arrivare a definire percorsi salariali, insomma, il consiglio che emerge dallo studio è semplice. Conviene pensare alla soddisfazione dei dipendenti per renderla monetizzabile e quantificabile sul fronte economico. La ricerca, insomma, dimostra che bisogna prestare attenzione al parametro psicologico, che passa attraverso una retribuzione adeguata e ad una maggior sicurezza percepita. Con un obiettivo finale che coincide con la crescita del singolo e della struttura.
Al lavoro col sorriso
Se chi lavora è più felice, anche l’azienda si sviluppa. Alla faccia dei rigidi percorsi degli economisti, insomma, il valore della soddisfazione professionale va considerato. Riconoscere il benessere dei dipendenti può portare a un ambiente di lavoro più produttivo. E condurre a benefici economici generali.