PGIM_970x250_HEADER

Alzheimer: lo stop in Ue al nuovo farmaco, cosa succederà

Alzheimer
Adyen Articolo
Velasco25

 

 

Dopo tanta attesa, è arrivata la doccia fredda. Che, d’altra parte, conferma il percorso accidentato in Europa per i medicinali contro l’Alzheimer. Nei giorni scorsi il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha dato parere negativo all’autorizzazione all’immissione in commercio per donanemab di Eli Lilly. Il farmaco, destinato al trattamento precoce della malattia di Alzheimer sintomatica, era stato approvato la scorsa estate negli Stati Uniti, ma non ha passato le ‘forche caudine’ dell’Agenzia europea.

La reazione di Lilly

“Gli europei che convivono con malattia di Alzheimer ai primi sintomi e i loro cari hanno urgente bisogno di ulteriori opzioni di trattamento. Il deludente parere del Chmp significa che devono continuare ad aspettare”, ha commentato Ilya Yuffa, vicepresidente esecutivo e presidente di Lilly International. Il gruppo ha già fatto sapere che chiederà un riesame da parte del Chmp.

“Donanemab – ha sottolineato Yuffa – è stato esaminato e approvato negli Stati Uniti, in Giappone, in Cina e in altri mercati. Lilly rimane fiduciosa nella sua sicurezza ed efficacia e nel valore che può apportare ai pazienti con malattia di Alzheimer ai primi sintomi. Ci auguriamo che, attraverso il processo di riesame, saremo in grado di continuare le nostre discussioni con l’agenzia per portare donanemab ai milioni di persone in tutta Europa che soffrono di questa malattia implacabile e mortale”.

Le ragioni del no a donanemab

Ma perchè gli esperti europei hanno ‘bocciato’ l’anticorpo monoclonale destinato al trattamento della malattia di Alzheimer in fase iniziale? Iniziamo col dire che il farmaco è mirato all’amiloide, la proteina che, aggregandosi, crea nel cervello le placche tipiche della  malattia che ruba i ricordi.

Ebbene, il Chmp ha ritenuto che i benefici “non fossero sufficientemente ampi da superare il rischio di eventi potenzialmente fatali dovuti ad anomalie di imaging correlate all’amiloide (Aria), che comportano edema e potenziali emorragie nel cervello”.

Il pericolo Aria e i precedenti

Lo stesso rischio aveva complicato in Europa il percorso di lecanemab, uno dei tre anticorpi monoclonali studiati per rallentare il cammino dell’Alzheimer. Si tratta di effetti collaterali (anomalie di imaging correlate all’amiloide o amyloid-related imaging abnormalities), che consistono appunto in edemi o emorragie cerebrali. Dopo un primo parere negativo però, lecanemab è stato poi raccomandato per l’autorizzazione nel Vecchio Continente a fine 2024.

Nelle scorse settimane il Comitato di esperti ha poi confermato la sua raccomandazione positiva dopo la revisione delle nuove informazioni sulla sicurezza richieste dalla Commissione Europea a gennaio. Stando al Chmp non sono necessarie modifiche rispetto a quanto detto a novembre. 

Intanto la ricerca non si ferma

Nel frattempo la ricerca per intercettare il ladro dei ricordi non si ferma. Un nuovo lavoro – firmato da studiosi della Sapienza sul Journal of Alzheimers’ – fornisce la prova dell’esistenza di biomarcatori salivari alterati nei pazienti affetti da demenza a corpi di Lewy. I risultati mostrano nuove opportunità diagnostiche per la differenziazione tra questa e altre forme di demenza.

Quella a corpi di Lewy è la seconda forma più comune di demenza dopo l’Alzheimer. Il nuovo studio, firmato da Giuseppe Bruno e Fabrizia D’Antonio del Dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza, ha individuato due biomarcatori salivari che potrebbero facilitare la diagnosi. Se confermati da future ricerche, i loro risultati potrebbero consentire di differenziare con un semplice prelievo di saliva tre delle malattie neurodegenerative più frequenti. In modo da consentire un trattamento mirato, quando le terapie saranno disponibili.

I ritardi dell’Europa

Intanto la popolazione europea invecchia e l’Alzheimer rischia di dilagare. “Si stima che un terzo delle persone nell’Unione Europea sarà sopra i 65 anni entro il 2050 (rapporto Oecd 2024 Health at a Glance). Aggiungiamo fattori di rischio legati allo stile di vita e differenze socio-economiche, ed è chiaro che l’Europa deve agire rapidamente per aggiornare i suoi sistemi sanitari e migliorare la vita dei pazienti”, rileva in un’analisi Ilya Yuffa. 

Il fatto è, sottolinea il numero uno di Lilly, che “il sistema normativo europeo impiega circa 120 giorni in più rispetto a Stati Uniti e Giappone. Questi ritardi, combinati con sistemi di accesso al mercato a livello nazionale complessi, significano che i pazienti in Europa aspettano in media 20 mesi in più rispetto alle persone che vivono negli Stati Uniti per beneficiare dell’innovazione scientifica”.

L’Alzheimer “è solo l’ultimo esempio. Dopo più di tre decenni di investimenti in ricerca, due nuovi trattamenti innovativi sono stati recentemente approvati in diversi Paesi, tra cui Stati Uniti, Giappone e Cina per ritardare la progressione della malattia. Questo rende possibile per i pazienti avere più tempo per vivere in modo indipendente, alleviando parte del carico finanziario ed emotivo che pesa sulle famiglie e sui caregiver. Questi nuovi medicinali hanno efficacia, sicurezza e costi comparabili ad altri farmaci biologici già approvati per il cancro e le condizioni autoimmuni”. Eppure “gli enti regolatori europei stanno esaminando uno di questi medicinali da ben 26 mesi”, mentre gli enti regolatori in Giappone hanno completato la loro revisione in otto mesi, e Cina e Stati Uniti hanno impiegato circa 13 mesi per emettere un’approvazione completa.

Un percorso (quasi mai) accelerato per l’innovazione

“Nel caso del secondo medicinale, prodotto dalla mia azienda Lilly, dopo 20 mesi dalla presentazione il comitato scientifico dell’Agenzia Europea dei Medicinali ha raccomandato di non approvarlo affatto, anche se gli enti regolatori di altri 10 Paesi lo hanno già fatto”.

“Milioni di persone in tutta Europa stanno soffrendo di questa malattia implacabile e fatale e dovranno continuare ad aspettare. Questi ritardi minano l’obiettivo della Commissione Europea di migliorare la competitività” del Vecchio Continente, insiste Ilya Yuffa. Ricordando che nel 2023 solo il 3% delle revisioni da parte dell’Ema ha utilizzato un percorso accelerato, rispetto al 62% negli Stati Uniti e al 33% in Giappone.

“L’Europa può rafforzare la sua competitività creando un ambiente normativo che migliora l’accesso dei pazienti a trattamenti innovativi per malattie come l’Alzheimer o può continuare a vedere un calo degli investimenti nella salute dei suoi cittadini. Quale percorso sceglieranno i leader dell’Ue?”, si chiede il numero uno di Lilly International.

Alzheimer: i segnali ‘spia’ e un video per non dimenticare

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.