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Disabilità: tecnologia senza barriere. Parla l’Ad di Var Group

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Velasco25 Articolo

La diversità è ricchezza. Ma la vera sfida per i datori di lavoro oggi è rimuovere le barriere che ostacolano la realizzazione piena dei dipendenti con disabilità. Una missione possibile anche grazie alla tecnologia e al contributo di chi vive sulla propria pelle tutti i giorni questi ostacoli.

“Rimuovere le barriere architettoniche è la cosa più facile, quello che manca è una cultura reale delle aziende su questi temi, ma sono convinta che oggi la tecnologia possa realmente contribuire a liberare talenti e professionalità”. Parola di Francesca Moriani, classe 1977, Ceo di Var Group, operatore impegnato nel settore dei servizi e delle soluzioni digitali con un fatturato di 823 milioni di euro, che sta portando avanti interessanti progetti “per andare oltre una visione dell’inclusività in azienda come obbligo normativo”.

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La manager è infatti convinta che avere fra i propri dipendenti “persone che vivono le difficoltà di un mondo progettato per le persone normodotate possa aiutarci a capire cosa davvero serve per superare queste barriere”.

“Da noi – racconta – questo obiettivo passa attraverso percorsi formativi interni, ma anche servizi che realizziamo per le imprese, con l’ambizione di contribuire al benessere economico e sociale del sistema Paese. Stiamo investendo in termini di impegno e risorse per consentire alle aziende che hanno affrontato un percorso di trasformazione digitale di essere realmente inclusive”.

Perché tecnologia e inclusione per Moriani vanno a braccetto. “Un esempio su tutti è il percorso che abbiamo intrapreso per rendere il nostro sito web e i portali delle aziende che sono nostre clienti davvero fruibili e accessibili anche alle persone con varie disabilità. Nel caso dei non vedenti, questo prevede l’utilizzo di assistenti vocali che, grazie a tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa, sono in grado di capire il linguaggio naturale e dialogare con il cliente”.

Ma quali sono le tecnologie che possono aiutare in un’ottica di inclusione delle persone con disabilità?

“Noi siamo partner di Fondazione Asphi Onlus, un’organizzazione non-profit italiana che da oltre 40 anni si impegna a promuovere l’accessibilità digitale delle persone con disabilità attraverso l’uso delle tecnologie. Abbiamo diversi progetti in corso – spiega Moriani – cui stiamo partecipando direttamente o indirettamente. Qualche tempo fa ho partecipato a Handimatica, una fiera nazionale dedicata proprio alla tecnologia per la disabilità, e devo dire che gli strumenti che mi hanno colpita di più sono quelli che forniscono sottotitoli in tempo reale durante gli eventi per le persone non udenti, che altrimenti non potrebbero seguirli. L’AI è la tecnologia che sta aiutando di più in questo senso. Pensiamo solo alla possibilità di consentire a persone con difficoltà nel parlato a esprimersi: questo è uno dei progetti in corso”.

Ma le opzioni aperte dalle tecnologie sono virtualmente infinite. Si va dal riconoscimento vocale, alla traduzione automatica, con processi e piattaforme che si muovono attraverso approcci basati su algoritmi e intelligenza artificiale per favorire l’indipendenza e adattare i contenuti alle diverse esigenze.

Anche la computer vision è una soluzione promettente per aiutare le persone ipovedenti, fornendo descrizioni verbali dell’ambiente circostante o delle immagini proposte.

Esistono già sistemi basati su computer vision e realtà aumentata che consentono di orientarsi in spazi complessi come aeroporti o ospedali, e sono pensati per persone con disabilità motorie o sensoriali.

“La nostra collaborazione con la Fondazione mira, in particolare, ad analizzare processi e spazi lavorativi per introdurre nel reclutamento, nella selezione, nell’accoglienza e nel percorso professionale nuove pratiche volte a garantire che l’inclusione diventi una realtà concreta e sostenibile”, riprende Moriani, che guarda in particolare al contributo dei giovani.

“Ora siamo circa 4.000 dipendenti, di cui 1.000 under 30, una fascia su cui stiamo investendo tantissimo in termini di attrazione, formazione ma anche per trattenere questi giovani talenti. Poi abbiamo 2.000 persone tra 30 e 50 anni e tutte le altre over 50”.

Quanto alla diversità di genere, “ahimè le donne sono il 28%: nel campo delle materie Stem si fatica ancora a trovare giovani professioniste. E questo è un peccato, perché le tecnologie e il digitale sono il nostro futuro ma a programmare sono soprattutto gli uomini. È davvero un peccato mortale – ribadisce – lasciare un dominio così importante nelle mani maschili. Il fatto è che la diversità porta ricchezza, mentre la stereotipizzazione non aiuta”.

Torniamo ai progetti in corso: se un sito è il biglietto da visita di un’azienda, l’intervento su quello di Var Group “ha previsto una serie di implementazioni e di modifiche tecniche necessarie a garantire che i contenuti digitali siano completamente accessibili per le persone con disabilità visive, uditive, motorie e cognitive. Anche per questo progetto, stiamo collaborando con Fondazione Asphi Onlus, che condurrà una revisione completa delle piattaforme, facendole testare sia da esperti di usabilità e accessibilità, che da persone con disabilità per verificare e certificare la conformità agli standard”, conclude Moriani, convinta che “l’intelligenza artificiale non sia altro che uno strumento in mano all’essere umano, in grado di amplificare le nostre capacità. Dobbiamo ragionare in termini di integrazione fra le intelligenze, cominciando a pensare all’AI come a un nostro collega”.

Dalla Toscana al resto del mondo

Var Group nasce a Empoli nel 1973 come azienda per gestire la contabilizzazione nelle aziende con una sorta di digitalizzazione ante litteram.

Nel 2014, quando Francesca Moriani arriva al timone, conta 560 persone e fattura 154 milioni di euro.

Oggi è una società multinazionale impegnata nel settore dei servizi e delle soluzioni digitali, con un fatturato di 823 milioni di euro e oltre 4.000 dipendenti.

Presente in 13 Paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna, Austria, Svizzera, Albania, Romania, Lettonia, Messico, USA, India e Brasile) sta investendo “in competenze, anche tramite operazioni di M&A che noi chiamiamo di business combination, perché legate a logiche industriali e non finanziarie”, spiega la Ceo.

Disabilità invisibili, la proposta

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