Una legge che il mondo ci invidia può rivoluzionare diagnosi e terapia del diabete in Italia. È la legge 130 del 2023, che prevede lo screening su tutta la popolazione pediatrica italiana per rilevare gli anticorpi di diabete di tipo 1 e celiachia. Messa alla prova attraverso un progetto pilota in Lombardia, Marche, Campania e Sardegna, promette di fare la differenza intercettando (e permettendo di trattare precocemente) i soggetti a rischio. Evitando così le corse in pronto soccorso, ma soprattutto le conseguenze delle temibili chetoacidosi.
Della legge, insieme all’ondata di innovazioni in arrivo – dai device indossabili ai dispositivi per la telemedicina, fino alle (tanto attese) Case della salute – si è parlato oggi durante gli Stati Generali sul Diabete 2025, presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel). La sensazione, parlando con diabetologi, endocrinologi ed esperti di sanità pubblica, è che ci troviamo in un momento cruciale per questa e altre malattie croniche. La sfida è quella di coniugare il diritto alla salute con la sostenibilità economica, in un Paese che invecchia.
Diabete fulcro di un nuovo modello di assistenza
Serve dunque nuovo modello di assistenza che sappia sfruttare al meglio telemedicina e telediagnosi, ma anche peculiarità italiane come la capillarità delle farmacie e la rete dei medici di medicina generale. A fronte di terapie sempre più efficaci e forza della digitalizzazione.
Mettendo a segno una serie di passaggi chiave, individuati come prioritari dagli esperti riuniti al Cnel: la semplificazione della Nota 100 di Aifa, per garantire un accesso più rapido ed efficace alle terapie; l’aggiornamento dei Lea per rispondere meglio alle esigenze delle persone con diabete, adeguando la tariffa della visita diabetologica e reinserendo prestazioni fondamentali per la diagnosi e la gestione delle complicanze (come l’esame del fondo oculare e la fotografia digitale del fondo per la retinopatia), da erogare in regime di esenzione per le persone con diabete.
Numeri da epidemia
Il fatto è che la prevalenza di diabete in Italia, oggi del 7%, è destinata a crescere. E già oggi parliamo di una malattia che assorbe circa l’8% del budget sanitario totale ed è la prima causa di ulteriori gravi complicanze cardiovascolari, renali, oculari e a carico degli arti inferiori. Un’emergenza sanitaria su cui intervenire subito.
Il peso dello stile di vita
Se contro il diabete di tipo 1 al momento nessuna strategia preventiva si è dimostrata finora efficace, le scelte di vita salutari che aiutano a prevenire il tipo 2 si ritiene possano aiutare. Dunque meglio preferire alimenti a basso contenuto di grassi e calorie, consumare frutta e verdura in abbondanza, dedicarsi a un’attività fisica aerobica moderata per almeno 20 o 30 minuti al giorno, evitando condizioni come sovrappeso e obesità.
Come ha sottolineato il presidente del Cnel Renato Brunetta, si tratta di “una patologia che rappresenta una vera sfida per il sistema sanitario e che, più di altre, mette in gioco capacità di prevenzione e stili di vita, due aspetti strettamente legati tra di loro. Sugli stili di vita il Cnel sta lavorando a un disegno di legge delega basato su un approccio globale, che ricomprenda la sfera della sanità e al tempo stesso la formazione, il lavoro, lo sport, la corretta alimentazione. Quella degli stili di vita è una partita che si può vincere solo insieme, per il benessere delle persone e al tempo stesso per la sostenibilità dei sistemi di welfare. Dobbiamo puntare su stili di vita sostenibili lungo tutto l’arco dell’esistenza, anche perché solo così possiamo salvare il nostro welfare”.
Le priorità per ridisegnare l’assistenza
L’incontro, promosso dalla Federazione delle Società Diabetologiche Italiane – FeSDI e dall’Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, ha riunito società scientifiche, associazioni pazienti, società civile, aziende, istituzioni, stampa.
Obiettivo: individuare gli ambiti d’azione prioritari per ridisegnare il futuro dell’assistenza agli oltre 4 milioni di italiani con diabete, di cui circa 300mila con il tipo 1, come si legge nel volume che raccoglie “Le proposte di policy per una nuova diabetologia”. Un documento rivolto alle istituzioni con le priorità su cui intervenire per il contrasto al diabete nel nostro Paese. “Semplificazione burocratica, aggiornamento dei Lea, diagnosi precoce e tutela dei diritti dei pazienti”, sono le strategie ricordate da Raffaella Buzzetti, presidente FeSDI e Società Italiana di Diabetologia (Sid). “Ma serve, innanzitutto, un cambio di paradigma. Occorre passare da un approccio centrato sulla malattia a uno per la gestione della salute. Un modello che favorisca un approccio integrato e personalizzato”.
Tra gli interventi sollecitati dai relatori, il riconoscimento dell’attività fisica come strumento terapeutico, la creazione di una rete dedicata per la gestione della sindrome del piede diabetico, fondi per l’attuazione dello screening del diabete tipo 1 su scala nazionale.
L’importanza di coinvolgere i cittadini e i professionisti
Se l’innovazione sta cambiando la medicina, diventa fondamentale lo studio della Medicina digitale da parte dei giovani aspiranti ‘camici bianci’. Ricordando – come ha sottolineato Fabrizio d’Alba, direttore generale del Policlinico Umberto I di Roma epresidente nazionale di Federsanità – che “la sanità si cambia grazie ai professionisti, ma anche ai cittadini. C’è dunque un importante tema d’ingaggio”.
Una chiamata cui rispondono anche i farmacisti. “Siamo al lavoro su un protocollo d’intesa con Agenas per la telemedicina in farmacia”, sottolinea il presidente di Federfarma Marco Cossolo.
La via crucis dei pazienti
Anche perchè troppo spesso oggi quella dei pazienti è “una via crucis che alimenta l’imbuto del pronto soccorso”, rileva Loreto Gesualdo, presidente Fism. “Solo il 30% delle persone con diabete ha accesso a cure specialistiche, cruciali per accedere all’innovazione terapeutica”, evidenzia Riccardo Candido, presidente AMD. Mentre le strutture diabetologiche con team multiprofessionali di infermieri, dietisti, psicologi e podologi, coadiuvati dal diabetologo, sono ancora poche sul territorio nazionale. E anche dove ci sono, non sempre riescono a garantire adeguati volumi di assistenza.
Sport in ricetta contro il diabete e le malattie croniche
L’impegno contro il diabete “richiede un lavoro comune su più fronti, a partire dalla prevenzione e dalla promozione dei sani stili di vita, che comprendono un insieme di pratiche, come la corretta alimentazione, e come l’attività fisica, che va intesa e promossa come un vero e proprio strumento terapeutico – sottolinea Daniela Sbrollini, co-presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili e vicepresidente della X Commissione del Senato – Per questo motivo ho presentato un Disegno di legge che intende dare la possibilità di inserire lo sport in ricetta medica, così che le persone, usufruendo delle detrazioni fiscali, siano incentivate a impegnarsi in attività positive per la propria salute”.
Anche perchè se la salute in Italia è ancora un diritto, la prevenzione è un dovere di tutti noi. E su questo fronte anche la collaborazione fra mondo della salute e della scuola potrebbe portare frutti preziosi.