Rossella Carrara ha oltre 25 anni di esperienza nel mondo della comunicazione, in particolare della consulenza strategica.
Classe 1972, ha iniziato con l’agenzia Burson Marsteller per poi essere assunta, molti anni dopo, da uno dei suoi storici clienti, il Gruppo Costa.
A gestire, prima come consulente esterna e poi internamente, due dei più grandi momenti di crisi del gigante delle crociere, il naufragio della Costa Concordia e l’arrivo della pandemia c’era lei.
Dal 2023 è Director External communication and Public affairs di Saipem, azienda leader nei servizi di ingegneria per il settore dell’energia: “Mi è sembrata da subito una bella opportunità. L’azienda porta avanti progetti straordinari e il livello delle competenze è altissimo”.
Com’è iniziata la sua carriera?
Dopo aver studiato Relazioni Internazionali negli Stati Uniti, viaggiavo molto per via degli impegni di mio padre, sono tornata in Italia e qui mi sono laureata in Scienze politiche.
La mia idea iniziale era quella di collaborare con un’organizzazione internazionale. Poi però, grazie a un annuncio sul giornale, ho trovato uno stage da Burson Marsteller. Ho iniziato nel 1998, non sapendo che vi sarei rimasta per 18 anni. Così ho scoperto che il mondo della comunicazione era nelle mie corde.
La cosa bella dell’agenzia, soprattutto a inizio carriera, è la possibilità di fare una buona palestra, collaborando con grandi aziende su progetti di settori diversi, dai trasporti al turismo, dai cantieri navali al mondo farmaceutico.
Ecco, ci racconta la sua esperienza con il gigante delle crociere?
Durante il mio percorso professionale ho incontrato una serie di clienti che poi mi hanno accompagnato anche nelle mie successive esperienze. Con Costa è accaduto esattamente questo.
Ho iniziato lavorando ai grandi battesimi delle navi, eventi complessi durante i quali mi sembrava di essere in servizio militare (sorride, ndr). E poi sono stata vicina all’azienda in momenti molto complicati: il naufragio della Concordia e la pandemia, che mi sono trovata a gestire subito dopo essere entrata in Costa.
Cosa ricorda del periodo del naufragio?
Quando c’è stato l’incidente della Concordia ero in maternità: ho chiamato subito l’azienda cercando di capire come potevo essere di supporto, ma non potevo.
Al rientro ho iniziato a lavorare, da consulente esterna, sul progetto di rimozione del relitto dal Giglio. Gestivo la comunicazione e le relazioni istituzionali, occupandomi dei media al livello nazionale e internazionale.
Le operazioni sono durate più di tre anni e seguirne la comunicazione è stata un’esperienza straordinaria dal punto di vista professionale, unita a momenti molto intensi dal punto di vista umano.
Le mie figlie erano molto piccole e io spesso le portavo lì con me e mia mamma al seguito. Sono rimasta molto legata a quei luoghi. Ancora oggi andiamo in vacanza al Giglio tutte le estati: l’isola, a cui mi sono avvicinata per lavoro, non c’ero mai stata prima, fa ormai parte delle nostre vite.
E poi è arrivata la proposta di Saipem.
Sì, all’inizio del 2023. Dopo la gestione dell’emergenza prima e della ripartenza delle crociere poi, mi sentivo pronta per iniziare una nuova esperienza. Saipem è un’azienda interessante, impegnata nella costruzione di un futuro sostenibile e in un settore cruciale come quello dell’energia.
Quando sono arrivata usciva da un periodo difficile, ma mi sembrava ci fossero tutte le premesse per avviare un percorso di ripresa.
I progetti che l’azienda porta avanti sono all’avanguardia e richiedono un livello di competenze altissimo. Non produciamo energia, ma costruiamo le infrastrutture necessarie al settore. E le sfide che affrontiamo ogni giorno sono incredibili.
Nel corso della sua storia Saipem ha posato 150mila chilometri di condotte, lavorando in ambienti difficili e sfidanti, a terra e nelle profondità del mare.
Tra le cose che mi appassionano di più ci sono i nostri mezzi navali e le soluzioni avanzate di robotica sottomarina per il monitoraggio e la manutenzione delle infrastrutture subacquee.
Quali sono adesso i suoi obiettivi?
Se durante il mio primo anno di lavoro in Saipem la comunicazione era orientata alla valorizzazione della ripresa economica dell’azienda, e quindi alla costruzione della fiducia dopo un periodo complesso, adesso si è aggiunto l’obiettivo di raccontarci, anche attraverso i nostri straordinari progetti e le nostre persone.
Siamo infatti un’eccellenza italiana con 30mila dipendenti, di oltre 120 nazionalità, sparsi in 50 Paesi: una ricchezza che stiamo cercando di valorizzare.
In che modo? Anche sfruttando canali e linguaggi diversi rispetto a quelli tradizionali e sperimentando nuovi formati per attrarre giovani talenti.
Penso, ad esempio, al lavoro sui social o al podcast realizzato di recente con Chora, ‘L’ingegno’.
Che tipo di leadership è la sua?
Cerco di dare l’esempio e di stimolare il mio team. Si possono trovare spunti interessanti nelle idee di tutti, basta saper ascoltare. Spesso questa capacità delle donne di cogliere negli altri anche le sfumature, di entrare in empatia, può essere scambiata per scarsa incisività. Penso che si debbano educare i colleghi uomini a comprendere che non necessariamente è così.
Crede che sia stato più difficile per lei, in quanto donna, fare la carriera che ha fatto?
Non ho incontrato particolari difficoltà, ma riconosco che in alcuni momenti di svolta è stato tutto più complicato. Ricordo a questo proposito un episodio in particolare: avevo ricevuto un’offerta di lavoro e un giorno prima di accettarla mi accorsi di aspettare la mia prima figlia.
Fui io poi a scegliere di mantenere il mio vecchio incarico, ma mi stupì la reazione di chi mi stava offrendo quella possibilità. Quando seppero della gravidanza cambiarono atteggiamento: prima ero un cervello su cui puntare, poi ero diventata una sorta di preoccupazione.
Lei è madre di due bambine: cosa spera per il loro futuro professionale?
Che qualunque cosa scelgano di fare, la facciano con passione. Com’è successo a me.