Nel 2011, dopo il disastro di Fukushima, tutto il mondo sembrava volere la fine del nucleare. Oggi solo la Germania è andata in controtendenza decidendo di chiudere le ultime centrali poco prima dell’invasione dell’Ucraina e sta pagando un conto salatissimo per il sistema manifatturiero falcidiato dall’alto costo delle bollette in mancanza del gas russo.
I Paesi Ue, che all’inizio erano divisi sulla proposta di Bruxelles di inserire il nucleare negli investimenti “verdi”, hanno alla fine optato per dare seguito all’idea spinti dal presidente francese, Emmanuel Macron, che appena tre anni fa ha annunciato la costruzione di sei nuovi reattori (e poi di altri otto) entro il 2050.
Il resto del mondo pronto al nucleare
Anche il resto del mondo non mostra dubbi: il Giappone riapre progressivamente gli impianti fermati nel 2011 (dieci da allora) e la Cina ne ha 14 in costruzione. Gli Stati Uniti, primo produttore mondiale con 93 reattori operativi (ma da 30 anni non ne aggiungono nessuno), con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca (“We’ll drill, baby, drill”) scommettono più di prima su gas e petrolio.
L’argomento a favore del nucleare è sintetizzato da Bill Gates nel suo bestseller sul clima: “Il nucleare è l’unica fonte di energia a zero emissioni in grado di fornire affidabilmente corrente giorno e notte, in qualunque stagione, praticamente ovunque sul pianeta, e che abbia dimostrato di funzionare su vasta scala”.
Ma quanto è cambiata oggi la tecnologia nucleare, e quanto è più affidabile rispetto al 1987 e al 2011, anni in cui gli italiani l’hanno bocciata solennemente in due diversi referendum? I problemi cruciali restano gli stessi dalla nascita, ancora prima dei costi economici eccessivi e dei tempi di realizzazione degli impianti fuori controllo.
La sicurezza, la proliferazione per usi militari, il destino delle scorie che continuano a emettere radiazioni per migliaia di anni e che devono essere seppellite in profondità. La cosiddetta “terza generazione avanzata” o gli small modular reactor, di cui si discute oggi, è in grado di assicurare l’accettabilità sociale?
A oggi nel mondo sono operativi 439 reattori, mentre se ne contano 52 in costruzione e un altro centinaio è in programma. La stragrande maggioranza di quelli attivi è però costituita da centrali di seconda generazione, come quelle francesi. Ma è sul fronte delle scorie radioattive che ci si attende il grande salto: la promessa tecnologica è quella della quarta generazione.
Animatori del programma sono gli Usa, che nel 2001 hanno creato un Forum a cui partecipano 13 Paesi e l’Ue tramite l’Euratom. Sono stati selezionati sei progetti. Che cosa promettono? Di rendere la generazione di elettricità più flessibile. Di operare ad altissima temperatura, quindi con rendimenti più elevati e con la possibilità di produrre direttamente calore per l’industria, produrre idrogeno o desalinizzare l’acqua marina. Di “chiudere” il ciclo del combustibile, ovvero di riciclare al proprio interno quasi tutte le scorie altamente radioattive prodotte. Di implementare sistemi di sicurezza “passivi”, che sfruttino le caratteristiche dei materiali utilizzati per bloccare automaticamente la fissione oltre le soglie giudicate rischiose. Prospettive di grande rilievo, che però non daranno frutti commerciali prima del 2035.
L’Italia approva il ddl sul ritorno al nucleare
Qual è il piano dell’Italia? Entro il 2030 ha l’ambizione di produrre 70 gigawatt di energia da fonti rinnovabili, alzando la quota di generazione elettrica ai due terzi del fabbisogno del Paese. Entro alcuni anni la volontà è di azzerare la quota di petrolio per lasciare solo il gas come fonte di transizione energetica da qui al 2050, data in cui ci si prefigge il target delle emissioni zero. A quella data l’Italia vorrebbe avere l’80% di rinnovabili, per il restante 20% la volontà è di sostituire il gas con il nucleare. Anche per la nostra sicurezza energetica.
Per questo, lo scorso 3 marzo, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega, promosso dal ministro Pichetto Fratin e dai suoi tecnici, che abiliterà la produzione di energia tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili. Un dispositivo vuole normare la ricerca e la realizzazione di prototipi sul territorio.
Nonostante un alto livello di competenze sul nucleare, al momento dopo la fase di progettazione ci si deve spostare in altri Paesi, come la Francia, dove la sperimentazione è consentita. Ciò abiliterebbe tutta una filiera che non aspetta altro che partire.
Ciò spingerebbe la produzione di Newcleo, l’azienda italiana che ha una sede a Torino specializzata nelle nuove tecnologie nucleari come gli Lfr, mini-reattori refrigerati a piombo.
Una società, fondata dal fisico Stefano Buono, che sta sviluppando un progetto con Enea per realizzare il primo simulatore elettrico di un reattore raffreddato al piombo liquido. In attesa della grande rivoluzione annunciata dalla fusione nucleare che archivierebbe i procedimenti di fissione attuali. Tecnologia su cui sta lavorando anche l’Eni in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology negli Usa.