“Ci riprenderemo il canale di Panama” e così e stato. Trump lo aveva giurato in un discorso d’insediamento alla Casa Bianca che trasudava echi del corollario Roosevelt da ogni poro. Theodore Roosevelt, colui che nel 1898 (da generale) aveva strappato Cuba al morente Impero spagnolo, portandola sotto l’egida di Washington e nel 1907 (da 26° Presidente Usa) aveva dato avvio proprio alla costruzione del Canale, consolidando l’egemonia statunitense su tutto il continente.
Ma i tempi cambiano e Trump, contrariamente al suo “antenato” repubblicano, non ha dovuto sparare un colpo, né istigare sommosse. Tutto è passato da un accordo con il conglomerato di Hong Kong CK Hutchinson Holdings che fino a ieri, Martedì 4 marzo, possedeva la Panama Ports Company.
La holding cinese, con sede centrale nel “porto profumato”, si prepara a cedere in via preliminare il 90% della sua divisione che gestisce i porti di Balboa e Cristobal. Due porti di straordinaria importanza, che si trovano rispettivamente all’imbocco del Pacifico e dell’Atlantico del Canale di Panama.
L’acquirente è un consorzio composto dalle società d’investimento statunitensi BlackRock e Global Infrastructure Partners e dalla Terminal Investment Ltd (Til), gruppo con sede in Svizzera a cui appartiene anche Msc. Il consorzio, inoltre, ha acquisito l’80% di Hutchinson Ports, operante su 43 scali in 23 paesi.
Un’operazione che frutterà a CK Hutchinson 17,5 miliardi di dollari e darà esito positivo alle rivendicazioni dell’inquilino della Casa Bianca. Gli Stati Uniti si appresterebbero, così, a riprendere il controllo del Canale di Panama ceduto nel 1999 al governo locale.
In più occasioni Trump ha richiamato le autorità panamensi, accusandole di aver ceduto a Pechino il controllo del canale. Un’accusa a cui ha fatto seguito, il mese scorso, la revoca da parte dell’autorità di Panama della concessione a CK Hutchinson sui porti di Balboa e Cristobal, firmata nel 1997 e rinnovata nel 2021 fino al 2047.