“Le persone con malattie rare devono essere coinvolte in tutti i processi nei quali si parla della loro salute e della ricerca, che deve partire dai bisogni dei pazienti. Poi devono esserci più fondi, dedicati non solo alla ricerca clinica per lo sviluppo di trattamenti farmacologici, ma anche sull’efficacia dei trattamenti riabilitativi, dei digital device, della digital health. Infine è opportuno fare ricerca organizzativa, dal momento che oggi le risorse scarseggiano e occorrono modelli che le ottimizzino, facendo in modo che il paziente non si perda nella burocrazia e che non debba organizzare da solo le visite di controllo, i percorsi, gli esami, ma che lo faccia il sistema. Lo capisco che è un sogno, ma sarebbero queste le nostre priorità”.
Ecco le tre priorità dei malati rari secondo Annalisa Scopinaro, la combattiva presidente di Uniamo, Federazione Italiana Malattie Rare. Parlando con Fortune Italia in occasione della Giornata mondiale dedicata a queste malattie, Scopinaro non rinuncia a sognare, ma ha ben chiari i numeri di partenza. “Solo per il 3% dei pazienti e il 5% delle malattie rare esiste una cura”, ricorda. Insomma, c’è davvero molto da fare.
Malattie rare: la mappa dei centri per i pazienti senza nome e l’arte che cura
Un piccolo esercito
Solo unendo le forze si potrà dare un nome – e una cura – alle tante patologie che ancora non hanno l’uno, l’altra o entrambi. Ecco allora che proprio con lo slogan #UNIAMOleforze a fine gennaio è iniziata la mobilitazione continuata con incontri ed eventi in vista della Giornata delle malattie rare: gli oltre 2 milioni di pazienti rari da Aosta a Palermo vogliono far sentire la loro voce, con l’obiettivo di dare benzina alla ricerca. Ma anche di ottimizzare gli investimenti e assicurare la presa in carico del malato, a tutte le età.
Perché a fronte di circa 8.000 malattie rare, solo per circa 450 esiste una cura. Le altre possono beneficiare di riabilitazione e poco altro. E per qualcuna non ci saranno mai trattamenti specifici. Ma una risposta concreta può e deve esserci.
Malattie rare: la risposta del pharma
In effetti, dagli anni in cui trovare terapie per le malattie rare non interessava a nessuno, molto è cambiato. “Sono 13 i farmaci orfani con nuove sostanze attive, su 46 complessivi, approvati nel 2024 dall’Agenzia europea dei medicinali. Per un totale, negli ultimi 25 anni, di oltre 200″, ricorda Marcello Cattani, presidente di Farmindustria.
Insomma, se un tempo i prodotti finalizzati al trattamento di malattie rare erano economicamente poco remunerativi, gli incentivi e le misure ad hoc hanno contribuito a cambiare le cose.
“A livello globale sembrano aprirsi scenari incoraggianti. Oltre il 30% della pipeline internazionale di molecole allo studio, pari a oltre 7.000, è focalizzato su nuove cure per i 350 milioni di pazienti rari del mondo. Le aziende farmaceutiche – assicura Cattani – vogliono fare di più, in sinergia con gli altri attori della salute, consapevoli che purtroppo ci sono percorsi terapeutici specifici per circa il 5% delle malattie rare, proprio perché la rarità rende la Ricerca particolarmente complessa”. Per Cattani la nuova Proposta di Regolamento Europeo, nella versione attuale, getta un’ombra sulle prospettive della ricerca: il testo “non riconosce l’innovazione e indebolisce l’esclusiva di mercato, importante misura regolatoria per tutelare gli investimenti in R&S. Il rischio concreto è che altre aree mondiali risultino più attrattive per gli investimenti e le competenze”. Per non parlare dei potenziali effetti dei dazi annunciati da Donald Trump.
Il poliambulatorio del neurosviluppo a Roma
Arrivare a una diagnosi ancora oggi spesso è un percorso in salita per i malati rari. “Presso il nostro Istituto è stato messo a punto un database delle malattie rare, che al momento si basa su più di 300 casi, con particolare attenzione alle forme sindromiche, identificando i fenotipi distintivi delle varie varianti genetiche. L’obiettivo è quello di identificare le traiettorie evolutive della disabilità, per permettere diagnosi precoci e favorire approcci terapeutici e riabilitativi personalizzati”, racconta Federico Vigevano, Responsabile del Dipartimento delle Disabilità dell’età evolutiva dell’Irccs San Raffaele di Roma.
Bambini e adolescenti con queste malattie sono portatori di disabilità complesse con ripercussione sugli aspetti neurologici, neuropsicologici e psichiatrici e ricadute su tutte le funzioni adattive, alcune come esito biologico della malattia, molte altre a causa dell’isolamento e delle difficoltà che sperimentano nella vita di tutti i giorni.
“Per colmare questa vuoto – continua Vigevano – l’Irccs San Raffaele ha attivato di recente un poliambulatorio che, in collaborazione con i pediatri di base, si pone come obiettivo di intercettare precocemente i disordini del neuro sviluppo, garantendo prestazioni a prezzi etici anche per patologie quali i disturbi del sonno, la cefalea, i disordini del movimento, i disturbi specifici di apprendimento”.
Pelle sotto il microscopio
Non solo: ben 3.000 malattie rare sono dermatologiche. Pensiamo alle ittiosi, ma anche alle epidermolisi bollose ereditarie, alla neurofibromatosi, a pemfigo e pemfigoidi. Se ne parlerà nel corso del convegno organizzato dall’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma e in programma il 3 marzo.
Lo studio e la cura dei pazienti affetti da malattie dermatologiche rare sono da sempre una priorità dell’Istituto specializzato nella ricerca e cura delle patologie della pelle che “dal 2017 fa parte della rete ERN-Skin (European Reference Network-Skin), una rete che coinvolge ben 56 Istituzioni sanitarie europee, ospedali e policlinici universitari, specializzate in malattie rare”, ricorda Anna Rita Panebianco, direttore sanitario dell’Idi.
“L’alleanza tra Istituzioni, medici, ricercatori, associazioni e pazienti è un passaggio fondamentale per risolvere quelle criticità ancora in essere che non consentono di affrontare adeguatamente i bisogni dei pazienti”, evidenzia Biagio Didona del Centro malattie dermatologiche rare dell’Idi, convinto dell’importanza di “un colloquio costante, oserei dire quotidiano, con le Associazioni che rappresentano i pazienti, anche per sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica”.
Se uniti si vince, la comunione d’intenti che traspare da associazioni, industria, esponenti della ricerca e clinici fa ben sperare per il futuro delle persone con una malattia rara.
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