Il medico liquida i tuoi problemi di salute come una parte normale dell’invecchiamento. Parla solo con tuo figlio che ti accompagna, come se non fossi nemmeno nella stanza. Così te ne vai con un’altra prescrizione per curare i sintomi, invece di scoprire la causa del tuo disturbo.
Ti suona familiare? Alla radice potrebbe esserci l’ageismo. Una forma di discriminazione spesso trascurata, ma i cui effetti possono avere un impatto significativo sulla qualità delle cure che ricevono gli anziani. Questo pregiudizio è pervasivo e le ipotesi discriminatorie per età, spesso non riconosciute, possono ostacolare le diagnosi, compromettere i piani di trattamento e minare la dignità dei pazienti.
Con l’invecchiamento della popolazione, è sempre più fondamentale affrontare questo problema di petto, secondo Mark Brennan-Ing, direttore della ricerca e della valutazione presso il Brookdale Center for Healthy Aging, City University of New York.
Questo pregiudizio “sta davvero privando la persona anziana della sua autonomia e del suo senso di iniziativa e contribuendo a un senso di perdita di controllo man mano che invecchia”, afferma.
L’impatto dell’ageisemo sull’assistenza
La ricerca suggerisce che le disparità nell’assistenza sanitaria, comprese quelle dovute alla discriminazione basata sull’età, possono portare a miliardi di dollari in costi sanitari aggiuntivi all’anno, secondo Marilyn Gugliucci, direttrice dell’istruzione e della ricerca in geriatria presso l’University of New England College of Osteopathic Medicine e vicepresidente della Gerontological Society of America. La specialista cita studi condotti dalla Yale School of Public Health: ogni anno vengono spesi 63 miliardi di dollari in più per l’assistenza sanitaria per otto condizioni costose dovute all’età, tra cui diabete, malattie cardiache e cancro.
Andrew Steward, ricercatore in geriatria e assistente sociale clinico autorizzato presso l’University of Wisconsin, Milwaukee, sottolinea che l’ageismo si manifesta in molti modi, che possono passare inosservati anche ai più benintenzionati operatori sanitari:
Ignorare i sintomi: i pazienti spesso sentono dire “è normale per la tua età”, il che porta al sottotrattamento di problemi medici.
Trattamento eccessivo: al contrario, alcuni dottori peccano di eccessiva cautela, facendo supposizioni paternalistiche sulla fragilità degli anziani.
Invisibilità del paziente: i dottori fanno domande e spiegazioni ai familiari anziché rivolgersi direttamente al paziente.
Linguaggio: il linguaggio paternalistico, inclusi termini come “tesoro” o “caro”, diminuisce il ruolo del paziente.
Disparità di tempo: la ricerca mostra che i dottori trascorrono meno tempo con i pazienti anziani e sono meno propensi a indirizzarli a specialisti.
Questi modelli non solo influenzano l’esperienza del paziente, ma portano anche a disparità misurabili nella qualità dell’assistenza.
Gli stereotipi
Gli atteggiamenti discriminatori nei confronti dell’età spesso derivano da stereotipi radicati nella prima infanzia. La ricerca della gerontologa Tracey Gendron ha scoperto che i bambini di tre o quattro anni iniziano a interiorizzare le percezioni negative dell’invecchiamento attraverso i media e le narrazioni culturali. Storie come Hansel e Gretel o Cappuccetto Rosso perpetuano rappresentazioni di adulti anziani come crudeli, fragili o sciocchi.
Questi stereotipi negativi possono portare a profonde conseguenze sulla salute degli anziani. Le percezioni negative dell’invecchiamento sono collegate a:
Aspettative di vita ridotte
Aumento del rischio di demenza
Riduzione della funzionalità fisica
Tassi più elevati di disturbo da stress post traumatico
Recupero più lento dalle disabilità
Al contrario, gli individui con atteggiamenti positivi nei confronti dell’invecchiamento tendono a vivere in media 7,5 anni in più e mostrano un rischio di demenza ridotto di quasi il 50%. Questi risultati sottolineano l’urgente necessità di sfidare le convinzioni legate all’età, sia all’interno del sistema sanitario che nella società in generale.
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