Come criceti in una ruota che sembra non volersi fermare mai. Sempre più spesso ci troviamo a raccontare stress e burnout nel mondo del lavoro. E questo per professioni in prima linea, ma non solo.
Curiosamente, infatti, questo malessere non ‘pesa’ solo sulle spalle di quelli che potremmo definire i professionisti esperti o con una lunga carriera alle spalle. Infatti ben il 47,7% dei dipendenti giovani ha sperimentato sensazioni di esaurimento, di estraneità e di distacco dal lavoro.
Mentre 3 milioni di dipendenti in Italia soffrono di quella che viene definita sindrome da corridoio, cioè un intreccio di ansia e stress che contagia lavoro e vita personale. A dircelo è l’8° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon (www.eudaimon.it).
Se lo stress dilaga, ecco chi è più colpito
Stando all’indagine, il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro. Uno stato psicologico che raggiunge il picco fra i giovani, ma contagia anche il 28,2% degli adulti e il 23% dei più anziani.
Il 73% dei dipendenti ha vissuto situazioni di stress o ansia legate al lavoro; il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e professionale; il 75,9% si sente spesso sopraffatto dalle responsabilità quotidiane; il 73,9% sente di avere troppa pressione addosso quando lavora.
E ancora: il 67,3% ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro; il 68,5% sente che in azienda non viene promosso un ambiente lavorativo sano; il 65% ha comunque difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa dello stress. E così non stupisce che il 36,7% abbia chiesto aiuto, andando da uno psicologo o ha fatto ricorso al counseling.
Sindrome da corridoio: che cos’è
Come dicevamo, milioni di dipendenti nel nostro Paese soffrono di sindrome da corridoio, frutto di un meccanismo a vasi comunicanti in cui ansie e disagi passano senza soluzione di continuità dal lavoro alla vita privata e viceversa.
Il fatto è che 25,7% dei dipendenti si porta al lavoro i problemi di casa, con effetti negativi sulla performance lavorativa, il 36,1% fa il contrario, con effetti negativi sulle relazioni familiari, amicali e così via. Sembra che a faticare di più a mettere un punto una volta usciti dall’ufficio o da casa sono i giovani. Ma anche i ‘veterani’ sono in affanno, allora come difendersi?
L’antidoto allo stress
Se l’obiettivo è uscire finalmente dal corridoio e ritrovare il benessere, i lavoratori sembrano avere le idee chiare: l’89,4% vorrebbe più tempo per sé, l’86,2% per stare di più con amici e parenti, il 78,9% per svolgere attività fisica, il 73,9% per attività culturali, il 79% semplicemente per potersi riposare.
E ancora: il 63,5% vorrebbe supporto a svolgere attività di meditazione o yoga e aiuto nel ricorrere ad uno psicologo, e il 38,2% ritiene che la meditazione aiuterebbe a gestire meglio lo stress.
Per Alberto Perfumo, Amministratore delegato di Eudaimon, “i tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento alle soluzioni, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più articolate, private e pubbliche”.
Anche perchè in azienda “le persone non rinunciano all’obiettivo del proprio benessere olistico, cioè psicofisico e sociale – ha detto Giorgio De Rita, segretario generale del Censis – Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative”. Altrimenti, come ci dicono altri studi, il rischio è quello di far fatica ad richiamare in azienda i talenti più giovani.