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Gecko, come è nata la startup dei robot che si arrampicano e fanno la ‘Tac’ degli edifici

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Velasco25 Articolo

Il mio viaggio nella costruzione di un’azienda di AI e robotica è iniziato, incredibile ma vero, in una foresta pluviale della Costa Rica. Nel 2013, mentre studiavo ingegneria elettrica al Grove City College, in Pennsylvania, io e un amico stavamo facendo zaino in spalla quando vidi un geco arrampicarsi sulla parete di una doccia. Quell’immagine ispirò il nome di quella che sarebbe diventata Gecko Robotics.

Tornato a Pittsburgh, avevo recentemente visitato una centrale elettrica locale gestita da un ex studente del mio college, che lottava con continue interruzioni delle operazioni, con costi di milioni di dollari. Fu la mia prima esperienza con le infrastrutture energetiche: vidi con i miei occhi la vastità degli impianti, le strutture obsolete e le condizioni precarie. Durante quella visita, scoprii che qualcuno era recentemente caduto e morto proprio nel punto in cui mi trovavo, mentre cercava di individuare difetti strutturali a grandi altezze. Sapevo che doveva esserci un modo migliore.

Era chiaro che i metodi esistenti per svolgere quel lavoro erano pericolosi e costosi, così iniziai a costruire un robot nella mia stanza del dormitorio. Doveva arrampicarsi sui muri e utilizzare sensori a ultrasuoni per eseguire una sorta di ecografia sulle strutture in acciaio. Il robot fallì molte volte, e dopo giorni passati tra i meandri sporchi delle caldaie, armato di saldatore e Raspberry Pi, riuscii finalmente a farlo funzionare. Individuai l’area problematica e feci risparmiare all’azienda decine di milioni di dollari. Avevo trovato qualcosa di importante.

“Un ottimo modo per fallire”

Quel primo robot arrampicatore pose le basi per Gecko Robotics e per la missione di diagnosticare lo stato di salute del mondo costruito. Oggi, Gecko sviluppa robot e software per potenziare la nostra piattaforma operativa basata su AI, Cantilever, che gestisce oltre 500.000 asset critici: dalle centrali elettriche ai ponti, fino alle navi della Marina statunitense.

Ma il percorso non fu affatto semplice dopo quella prima visita alla centrale. Le startup di solito non sviluppano tecnologie per clienti industriali, e fondare un’azienda di robotica hardware era, secondo molti venture capitalist con cui parlai, “un ottimo modo per fallire”. Ho attraversato momenti difficili, sia fisicamente, nei settori industriali in cui cercavo di fare la differenza, sia mentalmente.

Per anni ho finanziato tutto da solo, dormendo sul pavimento di un amico e vivendo al limite. Ho investito ogni centesimo risparmiato nella mia azienda—fino a rimanere con soli 100 dollari sul conto. Ho resistito molto più di quanto farebbe una persona razionale, perché la missione era importante e nessun altro stava provando a farlo. Così ho continuato.

Alla fine del 2015, un amico del college che poi aveva proseguito gli studi alla Carnegie Mellon University mi consigliò di parlare con un venture partner di un acceleratore chiamato Y Combinator, che stava visitando il campus. Quell’amico era Troy Demmer, il mio futuro cofondatore. Fu un momento decisivo. Gecko ricevette un investimento standard di 125.000 dollari per una quota del 7%, con una valutazione iniziale di quasi 1,8 milioni di dollari.

Un’altra offerta d’investimento—con una condizione

Non riuscivo a crederci, ma all’orizzonte c’erano altre sfide—prove che avrebbero messo alla prova la mia fiducia in Gecko. Qualche mese dopo, un miliardario molto noto si fece avanti con un’offerta: un investimento di 2 milioni di dollari, che avrebbe valutato Gecko 10 milioni di dollari. Ero sbalordito.

C’era però una condizione: dovevo trasferire l’azienda a San Francisco e costruire i robot in un laboratorio lì, per raggiungere la piena autonomia prima di lanciarli sul mercato. Nel 2016, questo era il modello dominante per la robotica: sviluppare un robot completamente autonomo nella Silicon Valley e poi lanciarlo. Tutti dicevano che sarebbe stato un errore fare diversamente, perché lì si trovavano sia i talenti che i capitali.

Ma sapevo che non era la strada giusta per me. Andava contro tutto ciò che avevo creato e volevo costruire: una robotica ingegnerizzata sul campo, a stretto contatto con i clienti. Per comprendere davvero le esigenze dei clienti e lavorare con loro, i robot dovevano essere sviluppati direttamente nelle situazioni reali, proprio come feci la prima volta alla centrale elettrica in Pennsylvania, dove potevo testare e migliorare il mio progetto in condizioni reali.

Sembrava il momento più importante della mia vita—e forse l’unica possibilità di ottenere un investimento di quella portata. Ma tutto ciò a cui riuscivo a pensare era che la missione sarebbe probabilmente fallita se mi fossi chiuso in un laboratorio di lusso in California. Sapevo di appartenere ai luoghi sporchi e bui dove lavora la classe operaia dimenticata—un ambiente che le aziende software e la Silicon Valley non hanno mai davvero aiutato.

Rifiutai l’offerta. Fu un rischio enorme, ma credevo nel modo di costruire di Gecko.

Una startup in rapida crescita

Gecko ha continuato ad andare avanti, lentamente all’inizio, ma con un team sempre più numeroso e nuovi clienti. Abbiamo dimostrato che focalizzarsi sul problema prima che sulla soluzione offriva ai nostri clienti un vantaggio competitivo. Aziende minerarie, siderurgiche, energetiche e persino enti governativi (per la gestione di infrastrutture di difesa e ponti) hanno iniziato a lavorare con noi—alcuni dei nomi più importanti al mondo.

Oggi, Gecko conta oltre 300 dipendenti in cinque grandi città negli Stati Uniti, oltre che in Medio Oriente, e quest’anno raddoppieremo le dimensioni. E lo stiamo facendo con il nostro quartier generale a Pittsburgh, non a San Francisco. Ma, ancora più importante, possediamo il più grande archivio di dati sul mondo costruito e collaboriamo con le aziende più grandi per ampliare ancora di più questa conoscenza.

Il mio viaggio finora è stato un ottovolante, pieno di ostacoli e di esperienze al limite (sia fisicamente che per la sopravvivenza dell’azienda). Mi sono trovato a sfuggire per un soffio a impalcature crollate mentre visitavo una centrale elettrica a Hong Kong, e ho visto un cacciavite schiantarsi a terra proprio davanti ai miei piedi dopo essere caduto da un operaio a 45 metri di altezza in Kentucky.

Ma è stato anche incredibilmente gratificante, perché ho imparato che la determinazione, una visione chiara e la fede in qualcosa di più grande di te sono essenziali per costruire qualcosa di davvero impattante.

Questa storia è stata originariamente pubblicata su Fortune.com.

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