Fra pochi giorni le assicurazioni Generali, il più grande investitore finanziario del Paese e custode di una buona parte degli investimenti sul debito pubblico italiano, presenteranno il nuovo piano industriale: impossibile che l’amministratore delegato Philippe Donnet, impegnato nella grande operazione Natixis per creare un colosso del risparmio gestito da 1.800 miliardi, non tenga conto delle evidenti implicazioni che per il suo gruppo potrebbero derivare dall’offerta appena lanciata dal Monte dei Paschi su Mediobanca. Non può farlo perché la banca di Piazzetta Cuccia è primo azionista delle Generali col 13,1% delle quote e dunque è evidente come comprando il “salotto buono della finanza”, come è sempre stata dipinta Mediobanca, il controllo del Monte dei Paschi si estenderebbe alle Generali, mutando i pesi dei soci attuali.
La prima risposta di Mediobanca all’offerta è parsa di marcata ostilità e non poteva che essere altrimenti. Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, vede traballare il suo potere dietro ad un’operazione che ha l’avallo del governo. Perché lo Stato è ancora socio del Monte con l’11% delle quote. Non è un caso che sia il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, sia la premier Giorgia Meloni hanno applaudito al coraggio dei vertici della banca dopo anni di risanamento. Un’operazione che è stata inevitabilmente supportata dai due grandi azionisti del Monte, la holding dei Del Vecchio (Delfin) e il gruppo Caltagirone, che hanno comprato gran parte delle azioni di Mps che il Tesoro ha collocato selettivamente sul mercato nei mesi scorsi. Due grandi azionisti anche delle assicurazioni Generali, due grandi azionisti anche della stessa Mediobanca. Nel board di Piazzetta Cuccia ci sono infatti due consiglieri espressi dalle minoranze: Sabrina Pucci e Sandro Panizza, indicati nel 2023 dai soci Delfin, che di Mediobanca ha il 19,8%, e il gruppo Caltagirone (accreditato del 7,8%). La stessa Delfin ha il 9,9% di Generali e Caltagirone il 6,9%.
Ma superato lo choc dell’inattaccabilità forse potrebbero emergere convenienze comuni da questa operazione di mercato. I due gruppi sono sani, complementari, producono reddito, distribuiscono dividendi. Un ruolo decisivo nella partita dello scambio sarà giocato dai fondi: da che parte staranno gli investitori istituzionali azionisti di entrambe le realtà? Mediobanca colloca prodotti di risparmio gestito a 700 mila clienti, ma sono più di 3 milioni i correntisti del Monte. Nell’ultimo anno le quotazioni di Borsa di Mediobanca sono aumentate del 27%, quelle di Mps del 106%. Nella valutazione delle performance dei due gruppi non va scordato il contributo agli utili che Mediobanca ricava proprio dalla partecipazione in Generali.
Un ruolo centrale nella valutazione dell’offerta sarà relativo ai soci che compongono l’accordo di consultazione di Mediobanca, che raggruppa circa l’11% del capitale e che vede tra i suoi partecipanti Mediolanum, guidata da Massimo Doris, con Gavio, Monge, Ferrero, Minozzi, Seragnoli, Lucchini. Un primo momento di verifica ci sarà martedì al consiglio di amministrazione. In questi anni però l’azionariato dei gruppi italiani ha visto anche crescere la partecipazione degli investitori internazionali, sempre più attenti all’evoluzione del mercato di Piazza Affari. In Mediobanca figurano il gigante americano Blackrock, che gestisce qualcosa come 11.500 miliardi, pari a cinque volte il Prodotto interno lordo italiano, Vanguard Group, Norges Bank, Fidelity. Investitori presenti anche nel capitale di Generali. Quest’anno è in calendario il rinnovo del consiglio di amministrazione e nei giorni scorsi è stata varata l’operazione per l’aggregazione delle attività d’investimento con Natixis. Un’operazione che i gruppi Caltagirone e Delfin non condividono.