In un’Italia alle prese con un inverno demografico che non accenna a finire, l’impatto della fecondazione assistita sembra destinato a diventare sempre più importante. Stando a una ricerca realizzata dal programma Age-It dell’Università di Firenze, in 10 anni sono aumentati del 76% i bimbi nati in Italia grazie alla scienza. E ormai un neonato su tre viene concepito grazie a tecniche di fecondazione assistita se la mamma è over 40 (mentre l’età media al parto è salita a 32,5 anni).
Una buona notizia per gli aspiranti genitori arriva ora da uno studio italiano che ha validato la cosiddetta strategia avanzata di doppia stimolazione, per massimizzare le chance di concepimento grazie alla fecondazione assistita, riducendo le ‘punture’ per stimolare la crescita follicolare multipla. Obiettivo: far sviluppare e maturare tutti i follicoli messi a disposizione dall’ovaio, e non solamente uno come avviene nei normali cicli mestruali, in modo da poter prelevare più ovociti da utilizzare poi per la fecondazione in vitro.
La ricerca
Come si legge nel nuovo studio pubblicato sul ‘Journal of Assisted Reproduction and Genetics’, il protocollo sviluppato dal Gruppo Genera può rendere questa fase ‘preliminare’ più efficiente e meno invasiva, attraverso l’utilizzo mirato di farmaci che consentono di ridurre di 12 iniezioni sottocute tutta la stimolazione.
Come spiega Alberto Vaiarelli, ginecologo e responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma, “il gruppo di studio era formato da 444 coppie trattate presso la nostra clinica più grande in Italia. Abbiamo effettuato la doppia stimolazione ormonale integrando l’utilizzo di farmaci progestinici orali, che consentono grazie alla somministrazione per bocca di ridurre al minimo il numero di iniezioni sottocutanee e semplificano il monitoraggio ecografico durante il trattamento, nonché abbassandone anche il costo che, a oggi, è a carico dei pazienti. I risultati ci confermano che si tratta di un’opzione efficace, semplificata e molto valida per le pazienti a bassa prognosi per età materna avanzata o ridotta riserva ovarica, che effettuano la diagnosi genetica pre-impianto o che preservano la fertilità, e in generale che hanno la necessità di ottimizzare i tempi del loro percorso verso la gravidanza”.
E la sicurezza? “Oggi il rischio di iperstimolazione ovarica, anche per questi nuovi protocolli, è stato ridotto a una percentuale veramente residuale – ha assicurato Vaiarelli – grazie all’utilizzo di farmaci personalizzati a seconda del profilo della singola paziente. Inoltre eseguire due stimolazioni ormonali intervallate da due o più mesi (come nei protocolli standard) o ravvicinate (come con il nuovo percorso che abbiamo messo a punto) non presenta nessuna differenza in termine di rischi di complicanze”. Insomma, la ricerca corre verso un percorso più rapido ed efficace verso la gravidanza.