Al 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno, manca ancora un po’, ma l’economia dell’Ue ha già superato i giorni più bui dell’inverno. Ne è convinta la presidente Christine Lagarde, che nella conferenza stampa di Vilnius per il decimo anniversario dell’entrata della Lituania in area euro conferma la svolta segnata dall’ultima riunione del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea: dopo quelli del 2024 nel 2025 arriveranno altri tagli ai tassi d’interesse.
Il motivo è naturalmente l’inflazione che nei prossimi anni dovrebbe tornare sotto controllo, accompagnata da una crescita più moderata dei salari.
Proprio i salari sono al centro di un altro discorso, quello di Mario Draghi davanti al Centre for Economic Policy Research, il più importante network di ricerca di economisti d’Europa.
Quanto cambiano le cose in 6 mesi
La novità è che la stessa Lagarde apra in maniera così decisa verso nuovi tagli, o che più semplicemente faccia capire cosa farà nelle prossime riunioni.
Per comprendere quanto sia cambiato l’approccio della Bce basta riavvolgere il nastro di 6 mesi: a giugno la stessa presidente della Bce diceva al Sole 24 Ore che usare in quel momento la politica della forward guidance sui tassi (le indicazioni prospettiche rilasciate ad ogni riunione del consiglio direttivo) inaugurata nel 2013 dallo stesso Mario Draghi avrebbe significato “legarsi le mani”.
Come si possono fornire indicazioni prospettiche “quando c’è un livello di incertezza molto elevato?”, si chiedeva Lagarde.
L’incertezza, ha spiegato a Vilnius, non è finita, ma i dati sull’inflazione diffusi la scorsa settimana (con un +1,9% che secondo gli esperti di Francoforte può arrivare già nel 2026) è abbastanza per una visione più ottimista, ma pur sempre cauta, sintetizzata nelle conclusioni di Lagarde. “Possiamo iniziare a guardare avanti. Speriamo che i giorni che vengono siano migliori, ma ci sono venti che soffiano da diverse direzioni e rimane l’incertezza”, avverte Lagarde. “Per questo la nostra politica monetaria sarà pronta a ogni scenario”.
Sfiorato il taglio da mezzo punto già nel 2024
Lagarde lo aveva già fatto capire quanto la politica Bce stia cambiando qualche giorno fa, dopo il taglio da un quarto di punto arrivato in chiusura d’anno. “In questo ultimo consiglio direttivo del 2024 abbiamo riconosciuto non la ‘missione compiuta’ nella lotta contro l’inflazione ma che comunque questa è sulla strada verso il nostro obiettivo del 2%. E questo ci ha dato fiducia per decidere il taglio giusto” da 25 punti sul quale “tutti i membri sono stati d’accordo”.
Addirittura, ha raccontato Lagarde, “ci sono state discussioni su un possibile taglio da 50 punti ma alla fine tutti sono stati d’accordo su un taglio da 25 punti”.
Una politica ancora restrittiva
“L’attuale posizione di politica monetaria è restrittiva”, specifica Lagarde. “Ma se i dati in arrivo continueranno a confermare il nostro scenario di base, la direzione è chiara e prevediamo di ridurre ulteriormente i tassi di interesse”.
La Bce non punta dunque più a una politica “restrittiva” ma a una “appropriata” a un quadro macroeconomico completamente nuovo, dice Lagarde. “Anche se non ci siamo ancora arrivati, siamo vicini al raggiungimento del nostro obiettivo. Non siamo più in una situazione in cui dobbiamo fissare l’orizzonte politico al più breve ritardo possibile nella trasmissione”.
Non è un caso se dalle dichiarazioni di politica monetaria è stato rimosso il concetto di “tempestività”, sostituita dalla “convergenza sostenibile” dell’inflazione. “Questo ci mette nella miglior posizione per reagire agli shock futuri”.
La presidente Bce ha ricordato i motivi che hanno cambiato completamente lo scenario.
L’inflazione interna è ancora al di sopra della soglia del 2% ma è spinta in alto principalmente dai servizi. La crescita salariale, che a sua volta spinge i prezzi dei i servizi, è in parabola discendente. “Il tracker dei salari della Bce prevede un rallentamento della crescita salariale dal 4,8% di quest’anno a circa il 3% nel 2025, un livello generalmente considerato coerente con il nostro obiettivo”.
L’allarme di Draghi
Secondo il predecessore di Lagarde, il problema della competitività europea è legato proprio ai salari, e alla bassa crescita degli scorsi anni.
Le politiche europee, secondo Draghi, “hanno tollerato una bassa crescita salariale come mezzo per aumentare la competitività esterna, aggravando il ciclo debole di reddito e consumo. C’era spazio fiscale per tutti i governi per contrastare la debole domanda interna. Ma almeno fino alla pandemia, in Europa hanno fatto una scelta politica deliberata di non utilizzare questo spazio”.
In generale, dice Draghi, negli scorsi anni l’Europa è cresciuta grazie alla combinazione di export basato su stipendi bassi. E oggi questo non sarà più utile, perché Stati Uniti e Cina non guardano più all’Europa come facevano un tempo.
“Complessivamente, la politica ha rivelato una preferenza per una particolare costellazione economica, basata sull’utilizzo della domanda estera e sull’esportazione di capitali con livelli salariali bassi. Una costellazione che non sembra più sostenibile”.