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Tac e apparecchiature vetuste, ma con il payback rischia un’impresa su 5

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Adyen Articolo
Velasco25

Dieci anni sono tanti per un’apparecchiatura sanitaria che può rivelarsi fondamentale per una diagnosi o per svelare la risposta a una terapia. Ma quanti sono i macchinari sparsi nella Penisola, e quanto sono vecchi?

A rispondere finalmente a questa domanda è un report realizzato da Agenas con Società scientifiche di settore e ministero della Salute, che offre una mappa (aggiornata a maggio 2024) delle apparecchiature per diagnosi ed esami in uso presso le strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private non accreditate italiane.

Ebbene, ci sono 8.228 tac, risonanze magnetiche, acceleratori lineari, sistemi robotizzati per chirurgia endoscopica, Pet, mammografi, angiografi presenti nelle strutture italiane. Oltre la metà (il 51%) nel pubblico, il 44% in strutture private accreditate e il 6% in strutture private non accreditate.

L’obsolescenza

Un tema chiave, quando esaminiamo il ‘parco macchinari’, è quello della vetustà. Come spiegano da Agenas, il livello tecnologico delle apparecchiature sanitarie e la loro adeguata distribuzione sul territorio “rivestono un ruolo fondamentale nel garantire la qualità dell’assistenza erogata dal Servizio sanitario nazionale, l’equità nell’accesso alle prestazioni, la riduzione dei tempi di degenza e delle liste d’attesa, la razionalizzazione delle risorse”.

Come forse qualcuno immagina, non si tratta sempre di dispositivi di ultima generazione: il 37% di queste apparecchiature – si legge su Adnkronos Salute – ha più di 10 anni, il 34% ha fino a 5 anni, il 29% tra 5 e 10 anni. Le apparecchiature più numerose rispetto alla popolazione sono le Tac (37,3 per milione di abitanti), i mammografi (35,2 per milione di abitanti), le risonanze magnetiche (32,9 per milione di abitanti).

Il confronto

A livello europeo, l’Italia presenta un numero di Tac e risonanze per milione di abitanti paragonabile a quello della Germania (36,5 Tac e 35,2 Rm per mln di abitanti) e superiore a Spagna (21,4 Tac e 20,3 Rm per mln) e Francia (19,5 Tac e 17 Rm per mln). A Livello regionale, invece, il maggior numero di apparecchiature si registra in Lombardia (1.377, di cui 611 nel pubblico), nel Lazio (1.052, di cui 360 nel pubblico), in Campania (857 di cui 300 nel pubblico).

Le prospettive e i rischi per le imprese

Ebbene, c’è da dire che l‘ammodernamento del parco tecnologico della sanità può contare su un investimento del Pnrr sulle grandi apparecchiature, attraverso l’acquisizione di Tac, risonanze magnetiche, acceleratori lineari, angiografi, gamma camere, gamma camere/Tc e mammografi. Un’operazione importante non solo per i cittadini, ma anche per le imprese del settore. Tutto bene allora? Non proprio: da mesi queste il comparto dei dispositivi medici sta vivendo un momento particolarmente difficile.

La spada di Damocle

causa del payback sui dispositivi medici, infatti, un’impresa italiana su 5 sarebbe a rischio fallimento, secondo un’analisi realizzata dal Centro studi Confindustria Dispositivi Medici con il supporto metodologico di PwC Italia. Parliamo di 4.641 aziende che occupano 117.607 dipendenti.

Tutto questo “significa licenziamenti, famiglie e lavoratori lasciati nell’incertezza e l’impoverimento di una filiera strategica per il sistema sanitario nazionale. Le altre aziende, pur evitando un immediato collasso, sarebbero comunque condannate all’uscita dal mercato italiano nel breve periodo”, ha sottolineato nelle scorse ore il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni.

Dispositivi medici: ecco la mappa delle imprese italiane

“È urgente che il Governo ascolti il grido d’allarme del settore e intervenga in manovra per rimuovere una misura che rischia di distruggere un comparto vitale per la crescita economica e per il benessere dei cittadini”, ha detto il numero uno di Confindustria Dispostivi medici. Anche perché, “a causa del payback e delle sue conseguenze devastanti sull’occupazione – ha chiosato Barni – le nostre imprese, rischiano di non poter nemmeno beneficiare di misure a sostegno delle imprese come l’Ires premiale, che si sta discutendo in manovra”. 

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