Orazio Schillaci lo aveva anticipato, ora arriva la ‘stretta’ sui medici e gli infermieri “gettonisti”. Quello degli operatori della sanità ‘a gettone’ è un fenomeno esploso negli ultimi anni, che coinvolge tutte le Regioni, anche se il primato da questo punto di vista va al terzetto Lombardia, Abruzzo e Piemonte, almeno secondo l’ultimo report Enac.
I nuovi limiti (anche economici)
La ben nota carenza di medici e infermieri – abbinata alla grande fuga dei professionisti dal Ssn – ha portato al moltiplicarsi degli operatori a gettone. Si tratta di professionisti della sanità che non lavorano né alle dipendenze di una struttura sanitaria, né si dedicano completamente all’attività libero-professionale. E anche la pediatria soffre della sindrome dei medici a gettone, con specialisti che lasciano il Ssn alla volta della libera professione che li reimpiega nella sanità pubblica, anche grazie alle cooperative dove la remunerazione è fino a tre volte superiore a quella da dipendenti del Ssn. O, almeno, lo era.
Adesso, con le nuove linee guida pubblicate in Gazzetta Ufficiale, questi professionisti esterni “potranno essere utilizzati nei soli casi di necessità e urgenza, in un’unica occasione e senza possibilità di proroga”, come riferisce Ansa. E questo laddove “non sia possibile ovviare altrimenti alle carenze del personale sanitario”.
Fissati anche precisi ‘paletti’ economici: si va dagli 85 euro l’ora per il pronto soccorso e la rianimazione, fino ai 75 euro per altri servizi medici. Quanto agli infermieri, in questo caso la tariffa dei gettonisti varia dal 28 euro l’ora per il pronto soccorso a 25 euro per altri servizi.
Altri paletti
Non è solo una questione di costi. Le linee guida prevedono alcune garanzie sul livello professionale del personale ‘a gettone’ e – nel caso di operatori stranieri – deve essere garantita la conoscenza della lingua italiana, così come verra’ richiesto l’obbligo di rispetto delle norme di “buon comportamento” richieste ai lavoratori dipendenti. Insomma, se da una parte la sanità italiana sempre più spesso guarda oltre confine – la Calabria con i medici cubani fu apripista – dall’altra si cresca di regolare un sistema ‘esploso’ negli ultimi tempi. Con alcune irregolarità, messe in luce anche dalle indagini dei Nas.
Dunque, stando alle linee guida del dicastero di Lungotevere Ripa, il personale impiegato a gettone deve provvedere alla stipula, a proprio carico, di un‘adeguata polizza di assicurazione per colpa grave, che sollevi l’amministrazione dagli eventuali danni causati a terzi. Previste anche clausole relative alla turnistica, con un tetto massimo di quarantotto ore medie settimanali per i professionisti coinvolti.
Le reazioni
Le linee guida appena pubblicate in Gazzetta Ufficiale “sembrano un concreto passo in avanti, ma in realtà sono ben lontane dal cuore del problema”, commenta Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, sindacato nazionale infermieri. “La sanità italiana continua a ‘tamponare’ le carenze croniche di personale con soluzioni temporanee, senza affrontare il nodo cruciale: la valorizzazione del personale sanitario dipendente, priva di un piano strutturale di assunzioni”.
“La media annuale di 8.000 dimissioni volontarie di infermieri dal servizio pubblico rappresenta una spia allarmante di un sistema in crisi profonda, e la mancanza di personale, in particolare nei reparti di emergenza-urgenza, non può essere risolta con interventi temporanei, come il ricorso ai gettonisti”, continua De Palma, invocando “la necessità di valorizzare gli infermieri dipendenti attraverso un adeguamento delle retribuzioni agli standard europei, di offrire incentivi e condizioni di lavoro dignitose e di varare finalmente un piano nazionale di assunzioni”.
Facciamo due conti
Tra medici e infermieri ‘a gettone’, poi, la condizione non è esattemente la stessa. “Un medico gettonista – dice De Palma – può arrivare a guadagnare oltre 8mila euro netti al mese, mentre un infermiere a gettone dovrebbe accontentarsi di circa 2.700 euro netti (o poco più di 3.000 per chi lavora nel pronto soccorso). È una differenza davvero spropositata”, fa notare De Palma.
Ma senza i gettonisti…
Dal canto suo la responsabile del dipartimento lavori pubblici di Forza Italia, Erica Mazzetti, ha ricordato che senza i gettonisti “la situazione della sanità italiana rischierebbe di precipitare, soprattutto nelle aree geografiche già disagiate”.
Secondo Mazzetti “mon possiamo fare a meno dei ‘gettonisti, vittime, ancorché risultati indispensabili per tamponare le falle, di attacchi ideologici. Si tratta di professionisti qualificati che mettono a disposizione della persona, che altrimenti rischierebbe di non poter godere di un suo sacrosanto diritto, la propria esperienza, giustamente dietro compenso, con tasse e costi di assicurazione che gravano sugli autonomi. Privarsi in questo momento dei medici libero professionisti sarebbe una scelta miope e controproducente”.
Qualche numero
Coma ha ricordato di recente Roberto Monaco, segretario della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici), ascoltato in audizione alla Camera in Commissione Affari Sociali, il problema è che la sanità pubblica non è in grado di valorizzare, attirare e poi trattenere i suoi medici. Che lo abbandonano, a favore dell’estero, del privato o delle attività libero professionali, appunto, di consulenza o come “gettonisti”. Un “perverso circuito regressivo che il primato dell’economia ha generato nel servizio sanitario”, ha sottolineato Monaco.
Vediamo ancora qualche numero. “Le esigenze di personale sono state affrontate ricorrendo a contratti temporanei e addirittura a forme di forniture di servizi. Considerate le unità annue di lavoro a tempo determinato e interinali, per le figure sanitarie si registra, dal 2012 al 2022, un balzo di +75,4%. Nello stesso periodo, le figure sanitarie stabili, a tempo indeterminato, sono aumentate solo del 2,6%. La spesa per lavoro a tempo determinato, consulenze, collaborazioni, interinale e altre prestazioni di lavoro sanitarie e sociosanitarie provenienti dal privato è stata pari a 3,6 miliardi di euro nel 2022, con un incremento del +66,4% rispetto al 2012″.
Nello stesso periodo, ha detto Monaco, “la spesa per il personale permanente è aumentata solo del 6,4%. La spesa totale per le retribuzioni dei medici permanenti nella Pubblica amministrazione tra il 2012 e il 2022 è rimasta sostanzialmente invariata, registrando un +0,2%, con -2,5% tra il 2012 e il 2019 e un +2,8% tra il 2019 e il 2022. Addirittura, tra il 2015 e il 2022 le retribuzioni dei medici nella Pa sono diminuite, in termini reali, del 6,1%”. Del resto, “posto pari a 100 il valore delle retribuzioni dei medici dipendenti italiani, nei Paesi Bassi è pari a 176, in Germania a 172,3 e Irlanda a 154,8. Insomma, i medici italiani guadagnano molto meno dei colleghi di altri Paesi omologhi”.