Le località europee da mettere sulla mappa (con un occhio al calendario) per il 2025. In base ai riconoscimenti che premiano cultura, ambiente, innovazione. Dalla Sicilia al confine Italia-Slovenia passando per l’entroterra di Barcellona e la Sassonia
Anche quest’autunno fa da sfondo ed apripista a diverse novità nel comparto travel tra anticipazioni di scenari, visioni e previsioni, auspici (parecchi) e azzardi (sempre meno) per l’anno che verrà. La tripletta di appuntamenti di settore in Italia ha visto le giornate Ttg di Rimini puntare sul tema-totem ‘veritas’ col ritorno ai fondamentali del turismo: autenticità, verticalità, sinergie.
A Paestum la Bmta (Borsa mediterranea del turismo archeologico) da un quarto di secolo continua a concentrarsi su un segmento sempre più ibrido e meno di nicchia: l’antico senza tempo, pop & cult quanto basta. Per chiudere con Bto a fine novembre e le decine di esperti che alla Leopolda di Firenze tornano a confrontarsi sul ruolo dell’innovazione nel turismo: digitalizzazione, automazione e dialogo tra intelligenze artificiali, umane, di sistema. E poi ci sono, calendari e mappe alla mano, i riconoscimenti europei da tenere d’occhio per conoscere o riscoprire destinazioni che hanno meritato consolidata fiducia dalle istituzioni che si sono date il compito di promuoverle. Partiamo dalla Capitale europea della cultura. L’iniziativa, ideata dai ministri della Cultura Jack Lang (Francia) e Melina Mercouri (Grecia), compie quarant’anni: la prima coccarda se l’appuntò Atene nel 1985, nel 2019 è stata la volta di Matera e oggi, un lustro dopo quell’exploit lucano, torna in Italia: le tre designate per il 2024 – Bad Ischl, Bodø e Tartu – si apprestano infatti a passare il testimone all’accoppiata Gorizia-Nova Gorica e alla tedesca Chemnitz.
Terza metropoli della Sassonia, per mezzo secolo è stata Karl-Marx-Stadt: l’impianto di matrice sovietica ha ridisegnato ciò che restava dalle macerie del secondo conflitto mondiale – interi settori della città, cruciale hub industriale, sono stati quasi rasi al suolo – e negli ultimi anni ha conosciuto un rinascimento sui generis e su larga scala: nuovi quartieri, profilo e identità vibranti, aura teutonico-cosmopolita. Cosa vedere nella cittadina ad un’ora da Dresda e da Lipsia? Il museo Gunzenhauser – arte novecentesca, soprattutto espressionista (con quasi trecento opere di Otto Dix) – insieme al Sächsisches Eisenbahnmuseum (delle ferrovie sassoni), per gli appassionati del genere. E magari il mini-castello Rabenstein ai margini occidentali del centro. Il tandem tra Gorizia e la dirimpettaia Nova Gorica è una novità nel panorama delle Capitali europee della Cultura: parte dall’idea di confine che si fa ponte invece che steccato-trincea, cercando allo stesso tempo un doppio carotaggio nelle rispettive identità, entrambe multiple, di quel tassello d’Europa perno di scambi, scontri e incontri. Il sito web della destinazione è unico, idem per il nome scelto: GO! 2025. L’obiettivo è dichiarato – “Due città, un solo obiettivo: diventare la Capitale europea della cultura transfrontaliera” – col cartellone di appuntamenti già a regime. Due mostre, per iniziare: ‘Confini, da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni’ a Villa Manin di Codroipo e l’esposizione della collezione privata Šempeter a Nova Gorica, con approfondimenti su vicende meno note della Grande Guerra. Sul fronte della sostenibilità la Commissione europea scommette su parecchi fattori, cercando di tenere insieme le tre componenti chiave del paradigma Esg: ambientale, sociale, di governance. Al tradizionale bollino di Capitale Green europea, iniziato con Stoccolma (2010) e giunto a Valencia (2024) e Vilnius (2025), ne ha creato un altro: pensato per realtà metropolitane di medie dimensioni, nel 2025 vede premiate Treviso e la catalana Viladecans. Per quest’ultima a convincere sono stati approccio “multi-level della strategia” e focus su “transizione ecologica e promozione di uno stile di vita salutare”. La zona in cui questo ex ‘poble rural’ si trova è quella di El Baix Llobregat, nell’entroterra di Barcellona. Qualche bell’esempio di architettura modernista, quel mix di operosità compassata tipica di molte aree catalane, decine di possibili escursioni tra la costa e i rilievi di Montbaig. Treviso ha bisogno di molte meno presentazioni, saltiamo dunque dalla Marca alla Sicilia per altri due titoli. Il primo riguarda Agrigento, Capitale Italiana della cultura 2025 che riceve il titolo da Pesaro e lo riporta sull’isola (nel 2018 toccò a Palermo) dopo aver avuto la meglio sulle altre nove finaliste: Aosta, Assisi, Asti, Bagnoregio, Monte Sant’Angelo, Orvieto, Pescina, Roccasecca e Spoleto – altrettanti ulteriori spunti di visita, perché no? La seconda abbraccia invece l’intero territorio isolano – con i suoi 1.600 km di coste (quasi un quinto di quelli nazionali) su tre mari – che per il prossimo anno può dirsi Regione europea della gastronomia.
Il riconoscimento in questo non viene da un’istituzione pubblica transnazionale ma da una realtà spagnola che si definisce non profit attiva dal 2010. Si chiama Igcat (International Institute of gastronomy, culture, arts and tourism), nel 2017 ha premiato la Lombardia orientale – prima (e fino ad ora unica) realtà tricolore – ed ha già indicato quale sarà quella per il 2026: il Quarnaro, territorio croato ricco di storie e di storia. Chiudiamo restando in zona (girgentina) e in tema. L’agenda-diario delle prossime partenze è ovviamente personale poiché segue estro e gusti, alternando gli slanci dell’ultimo minuto a quelli di esplorazioni lente e programmate. Un possibile inizio? Il giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi: forse la più indicata catalisi di avanguardia, grandezza e comunità, terre e territori. E radici profonde, letteralmente.