In una società che invecchia, malattie come l’Alzheimer sono uno spettro con cui molti temono, prima o poi, di fare i conti. Ma se è ancora lontata una terapia in grado di sconfiggere il ‘ladro dei ricordi’, sul fronte delle terapie in questi giorni è arrivata una novità. E riguarda il via libera in Europa, e dunque anche in Italia, per lecanemab, uno dei tre anticorpi monoclonali studiati per rallentare il cammino dell’Alzheimer, se la malattia viene intercettata in fase iniziale.
Una decisione salutata come “un momento storico nel trattamento della malattia di Alzheimer” da Massimo Filippi, primario dell’Unità di Neurologia, del servizio di Neurofisiologia e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’Irccs Ospedale San Raffaele e ordinario di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.
Lo specialista non ha dubbi: “Questo farmaco offre una nuova speranza per tutte le persone affette da Alzheimer in fase iniziale, permettendo un intervento che potrebbe modificare l’evoluzione della malattia. È un passo avanti che, come neurologi e ricercatori, accogliamo con profonda soddisfazione”. Ma cosa è successo e perchè in un primo tempo lecanemab aveva ricevuto uno stop?
Il ripensamento
Dopo una iniziale opinione negativa, accolta nei mesi scorsi come una doccia fredda, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (Chmp) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) ha analizzato i dati disponibili, esprimendoquesta volta un parere positivo sull’immissione in commercio di questo anticorpo monoclonale diretto contro la proteina amiloide e destinato al trattamento della malattia di Alzheimer in fase precoce, caratterizzata da compromissione cognitiva lieve e demenza lieve. Ma ha destinato il trattamento a un ristretto gruppo di pazienti.
Il pericolo Aria
L’anticorpo monoclonale deve essere somministrato sotto forma di infusione (flebo) in vena una volta ogni due settimane, ma a preoccupare gli esperti in un primo momento era il rischio di effetti collaterali detti Aria (anomalie di imaging correlate all’amiloide o amyloid-related imaging abnormalities), che consistono in edemi o emorragie cerebrali.
Ebbene, nel suo ultimo parere, il Comitato di esperti ha ritenuto che i benefici di lecanemab nel rallentare il declino cognitivo proprio della malattia, superino i rischi associati agli effetti collaterali del farmaco solo nei pazienti portatori di una sola copia o di nessuna copia del gene ApoE4.
In questo gruppo di persone infatti, il rischio di effetti collaterali dannosi, come edema ed emorragia cerebrali correlati alla presenza di placche amiloidi tipiche della malattia, è risultato minore rispetto a quello sperimentato dalla popolazione totale dello studio, che includeva persone con due copie del gene ApoE4.
Di conseguenza, l’indicazione per il lecanemab è stata appunto ristretta, escludendo le persone con due copie del gene ApoE4, per le quali il rischio di sperimentare edema ed emorragia cerebrali è maggiore.
I numeri, i costi e la diagnosi precoce
Si stima che nel mondo siano più di 55 milioni i casi di demenza, la cui forma più comune è la malattia di Alzheimer. In Italia, secondo l’Istituto superiore di sanità, attualmente sono circa due milioni le persone con demenza o disturbo neuro cognitivo maggiore o con una forma di declino cognitivo lieve.
Ebbene, come ricordano i medici anti-bufale Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), un altro aspetto da tenere in considerazione è il costo di questi farmaci. Nel caso di lecanemab, “il prezzo annuo fissato dal produttore è di 26 mila euro”.
Infine, i tempi: questi farmaci andrebbero somministrati in uno stato molto precoce della malattia. Oggi, invece, la malattia di Alzheimer viene diagnosticata la maggior parte delle volte sulla base di esami medici svolti all’insorgenza dei primi sintomi, quando la malattia è già in uno stato piuttosto avanzato.
L’esperienza del San Raffaele
Per superare questa criticità, al San Raffaele lo scorso anno è nato Card, il Centro per la prevenzione, la diagnosi e la cura della malattia di Alzheimer. Scopo del Centro è proprio offrire un percorso di check-up clinico-strumentale multidisciplinare per la valutazione del rischio di insorgenza del decadimento cognitivo e l’implementazione di percorsi di prevenzione.
L’Ospedale San Raffaele è stato inoltre il primo centro italiano a somministrare lecanemab già dall’estate scorsa, in conformità con tutte le normative vigenti. “Il nostro Centro Card – ha raccontato Filippi – ha messo in atto un sistema altamente strutturato per garantire ai pazienti il massimo della sicurezza ed efficacia. Abbiamo implementato un programma di diagnosi biologica precoce, valutazione dei fattori di rischio e monitoraggio dell’efficacia e degli effetti collaterali, con esami di risonanza magnetica regolari e un servizio di infusioni dedicato, che – ha concluso – ci consente di gestire al meglio le esigenze dei pazienti e di minimizzare i rischi”.