L’Italia potrebbe aver scelto il momento giusto per recuperare il suo ritardo sui data center. “Abbiamo sempre giocato in recupero rispetto agli Stati Uniti e ad altri mercati europei. La crescita esponenziale degli investimenti e dei progetti di sviluppo negli ultimi anni è un segnale positivo”, secondo Sherif Rizkalla, presidente di Ida, l’Italian datacenter association. Quella crescita nel settore dei centri che custodiscono ed elaborano montagne di dati recita 15 mld di euro alla voce investimenti fino al 2025, con 100mila occupati: i 30mila di oggi più i 70mila necessari per portare la potenza dei data center italiani a più di un GW, solo considerando quelli commerciali.
L’Italia è la terza economia europea, ma la settima per infrastruttura digitale, sottolinea Rizkalla. Ora le grandi aziende si sono rese conto che la posizione geografica del Paese lo potrebbe rendere una porta d’ingresso verso l’Europa per i dati provenienti da Asia, Africa e Medio Oriente. “Negli ultimi due anni, i cavi sottomarini che sbarcano a Genova e in Sicilia hanno permesso di sviluppare Milano come hub per lo scambio di dati”, spiega Rizkalla. Intanto, le aziende fanno la fila: soprattutto a Milano le richieste dell’attivazione dell’alta tensione di Terna per alimentare i data center si moltiplicano – e secondo gli esperti avremo un problema di rete molto prima di averne uno energetico. Discorso diverso è capire quanto sarà pulita quell’energia, mentre sulla sostenibilità dei progetti è intervenuto quest’estate il Mase. Se delle nuove linee guida sul settore verranno interpretate uniformemente, una parte significativa degli investimenti potrebbe essere destinata al Centro-Sud dice Rizkalla. “La produzione di energia rinnovabile”, spiega, “è maggiore nel Sud, mentre il consumo è maggiore nel Nord, creando una necessità di potenziare la rete di trasmissione”. Mentre il Governo ha iniziato a emettere linee guida per orientare lo sviluppo delle infrastrutture digitali e la Regione Lombardia ne ha pubblicate altre che distinguono tra sviluppi virtuosi e meno, una proposta di legge alla quale ha partecipato la stessa Ida è in discussione in Parlamento. Ma quanto è grande il tema energetico? Attualmente, i data center rappresentano meno dell’1,5% del consumo totale di energia. Ma questo consumo potrebbe salire al 3-4% nei prossimi anni, secondo il presidente di Ida. Diversificare le fonti energetiche è fondamentale anche per scongiurare i pericoli di un aumento dei prezzi dell’energia, come quello che si è verificato nel 2022. Attualmente il costo della costruzione di un data center, secondo i dati Ida, va dai 12 ai 14 mln di euro per ogni MW costruito o sviluppato.
Il nucleare, nel dibattito, sembra quasi aver già vinto (quando mancano ancora anni dal suo utilizzo); tutti nel settore sembrano concordi sul fatto che le rinnovabili da sole non basteranno in futuro. Se deve immaginare un data center ‘perfetto’ in futuro, il presidente di Ida lo immagina dotato di un mini-reattore modulare. Serviranno anni. Altro tema da tenere d’occhio sarà la componentistica, mentre potrà essere perfezionata l’efficienza. Misurata in Power Usage Effectiveness (PUE), la media dei nuovi data center in Italia è scesa sotto 1,5. “Prevediamo di arrivare anche a 1,3”, un grande risultato considerate le temperature italiane. Intanto sul consumo di acqua la tecnologia vira sui sistemi di raffreddamento a circuito chiuso, sulla raccolta e sul ricircolo dell’acqua piovana. “Le nuove tecnologie che spingeranno lo sviluppo dell’intelligenza artificiale saranno liquid cooling”, dice il presidente di Ida.
Un grande impatto delle norme si potrà avere sul consumo di suolo. I terreni brownfield – le aree industriali o commerciali abbandonate – possono essere usati sia per evitare il consumo sia per riutilizzare i materiali demoliti. “Dovremmo premiare i progetti brownfield”, dice il presidente Ida, ma per ora non è così. Il problema è radicato nella stessa categorizzazione Ateco, che attualmente accomuna data center supermoderni e capannoni industriali, e sulla quale interviene la proposta di legge in Parlamento. Ma bisognerà anche insegnare alle aziende ad usare il cloud nella maniera giusta secondo Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio data center del Polimi. “Solo il 5% delle grandi imprese ha un modello di controllo efficace dei costi del cloud. C’è la necessità di strumenti di monitoraggio e modelli di relazione tra business, IT e amministrazione per monitorare i costi”, anche perché “l’utilizzo della potenza computazionale in cloud è destinato ad aumentare”. Sarebbe un peccato se, una volta risolti tutti gli altri nodi, i data center si ritrovassero senza la loro vera ragione di vita: organizzazioni che li sappiano sfruttare al meglio.
Data center e cloud, la strada da fare
Infrastruttura digitale L’Italia è la terza potenza economica in Europa per PIL, ma è al settimo posto per infrastruttura digitale.
Talento
Attualmente lo sviluppo dei data center dipende molto da profili esteri. Per arrivare ai 100mila addetti potenziali nel settore nei prossimi anni, ci sarà bisogno di tanta formazione.
Aziende
Il cloud waste rappresenta una spesa inefficiente nel cloud computing. Negli Stati Uniti, questo problema ha raggiunto proporzioni miliardarie. Al momento non ci sono stime precise disponibili per l’Italia, e il problema sembra lontano. Ma il Polimi ha già evidenziato come il 38% delle aziende gestisce il cloud come i sistemi tradizionali senza metriche adeguate. Il 36% sta iniziando a capire ma non ha ancora modelli operativi di gestione. Il restante 21% è in una fase intermedia.
Numeri incoraggianti
Si prevedono investimenti di circa 15 mld di euro nei prossimi anni. I numeri potenzialmente sono anche superiori, per Ida: sono già in pipeline 20 progetti, con investimenti dai 10 ai 13 mld su 5-10 anni. Ora i data center commerciali italiani raggiungono 262 MW di potenza IT installata, con 140 infrastrutture. A queste ne devono essere aggiunti altri 1.200 della Pa e circa 3.000 Enterprise Data Center, per un totale di 329 MW IT. Con una crescita annua del 29%, si stima che la capacità dei data center commerciali in Italia raggiungerà quasi 1 GW IT entro il 2028.