Nell’epoca dei trionfi made in Corea – dalla letteratura al cinema, passando per la skincare – forse qualcuno ricorderà la storia di Snuppy: il primo cane clonato al mondo. Un levriero afghano il cui nome ricordava quello del celebre bracchetto dei fumetti (ma in realtà era una fusione tra SNU e puppy), prodotto dalla Seoul National University e celebrato nel 2005 sulle copertine di tutto il mondo.
Lo zoo
All’epoca quasi ogni mese lo zoo degli animali ‘fotocopia’ si arricchiva di una new entry: dopo la pecora Dolly, fra gli esemplari più celebri ricordiamo il toro Galileo e la cavalla Prometea (successi Made in Italy, firmati da Cesare Galli). Ma, certo, Snuppy fece furore. Creato utilizzando una cellula di un orecchio di un levriero afgano adulto, il progetto ha coinvolto 123 madri surrogate, di cui solo due hanno prodotto cuccioli (Snuppy è stato l’unico sopravvissuto).
Dalle stelle alle stalle
C’è da dire che il ‘cane fotocopia’ è anche finito per un po’ sotto la lente dei ricercatori, dopo che la scoperta di una serie di frodi aveva fatto vacillare la credibilità di Woo Suk Hwang, lo scienziato che guidava il progetto. In seguito però un’indagine independente ha confermato l’autenticità del cane clonato. Ma che fine hanno fatto Snuppy e lo zoo degli animali clonati?
“All’inizio c’è stato un exploit”, dice a Fortune Italia Giuseppe Novelli, celebre genetista dell’Università di Roma Tor Vergata. “Basta guardare il numero di pubblicazioni sulle clonazioni animali. Poi l’interesse si è ridotto, a causa dei progressi della ricerca, della scoperta di altre tecniche ma anche di una serie di difficoltà. Ancora oggi però, per i bovini e i cavalli nei grandi allevamenti statunitensi, la clonazione è abbastanza routinaria”.
I 1.500 cani clonati
Se qualcuno di voi ha pensato di clonare l’amato cucciolo di casa, “bisogna dire che la clonazione con i cani funziona benino, ma i numeri degli esemplari sani non sono elevatissimi. È stato fatto un censimento da poco in America e è risultato che abbiamo 1.500 cani clonati al mondo. Il fatto è – puntualizza Novelli – che l’efficenza della clonazione nei cani, una delle migliori che abbiamo, è intorno al 2%: vuol dire che due volte va bene, ma 98 no”, aggiunge il genetista.
“Le ricerche sono andate avanti: gli scienziati hanno provato a fare clonazione da razze diverse e si è visto che non ci sono differenze. Problemi che, invece, esistono se si cerca di incrociare specie diverse di canidi: se prendiamo la volpe rossa e lo sciacallo, questo processo non funziona”, aggiunge il genetista.
Un tasso di fallimento molto alto
Insomma, a frenare la ricerca è stato proprio “il tasso di fallimento molto alto. Insieme ai problemi per la prole dell’esemplare clonato”, continua Novelli. Nei cloni “non hai la differenza biologica maschile e femminile, che è importante per la regolazione dei geni. Si è visto che questo può causare anomalie legate al sesso: se il donatore è maschio, viene fuori una femmina. Questo è dovuto all’effetto di metilazioni aberranti, perchè l’epigenetica non funziona. Ecco perchè la procedura va bene solo 2 volte su 100. Oppure può verificarsi una sindrome da iperaccrescimento”.
Coi gatti invece…
Nei felini domestici, d’altro canto, la clonazione “non ha funzionato bene: è difficile ottenere un esemplare con la stessa pezzatura del mantello. Un aspetto dovuto ai cromosomi X, che nelle femmine è casuale. Insomma, se cloni un gatto per averlo uguale all’originale, facilmente il mantello risulterà diverso”, avverte Novelli. La prima gattina clonata dagli scienziati di un’università del Texas, Copycat, era molto diversa dall’originale: nel carattere, nel fisico e nel colore del mantello.
Il futuro della clonazione
Cosa ci aspetta in futuro? “È importante che la ricerca continui, perchè ci sta dando informazioni importanti dal punto di vista biologico, per produrre farmaci e per sperimentarli su animali modello di malattia”.
Poi ci sono gli utilizzi in zootecnia: “Ad esempio, far nascere bovini senza corna, come accade negli Stati Uniti”. Insomma, ormai sappiamo che “Snuppy era autentico ed è stato una pietra miliare per la scienza”, sottolinea il genetista.
I cuccioli
Il primo cane clonato ha persino avuto dei cuccioli: il suo seme è stato utilizzato per inseminare artificialmente due femmine, che hanno portato alla nascita di 10 cuccioli nel 2008. Nel 2017 poi, 4 cloni di Snuppy sono stati realizzati per indagare sui potenziali effetti per la salute della clonazione. Potremmo chiamarla l’eredità di Snuppy: qualche anno prima infatti, nel maggio 2015, Snuppy si era ammalato di tumore ed era morto.