Un incubo per oltre 100.000 persone in Italia. È l’artrite psoriasica, una malattia reumatica infiammatoria caratterizzata da tumefazione, dolore, gonfiore, calore e rigidità a carico delle articolazioni di mani, piedi, polsi, ginocchia e caviglie e desquamazione della pelle. Ebbene, per i pazienti si prospettano nuovi orizzonti terapeutici, grazie alla rimborsabilità nel nostro Paese di bimekizumab, un nuovo anticorpo monoclonale per l’artrite psoriasica attiva, frutto della ricerca UCB.
Il disco verde Aifa
La decisione dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) segue il via libera concesso dalla Commissione Europea nel giugno 2023. Ma di che si tratta? Bimekizumab è il primo (e al momento unico) trattamento progettato per inibire selettivamente le interleuchine IL-17A, e IL-17F, molecole che svolgono un ruolo chiave nei processi infiammatori.
L’anticorpo monoclonale era già entrato nella pratica clinica del nostro Paese nel marzo 2023 per il trattamento della psoriasi a placche da moderata a severa, negli adulti candidati alla terapia sistemica. Ora si aggiunge questa nuova indicazione.
Anche se l’armamentario terapeutico per la psoriasi e l’artrite psoriasica è oggi costituito da molecole innovative, in grado di garantire un alto livello qualitativo, la novità del meccanismo d’azione di bimekizumab lo mette nelle condizioni di misurarsi, sia nei confronti dei pazienti naïve, sia in coloro che hanno sperimentato fallimenti con altri trattamenti, permettendo di compensare le difficoltà incontrate. Oltre all’efficacia, poi, il farmaco ha manifestato un buon profilo di sicurezza.
“Il controllo della malattia è sostanziale per il benessere del paziente e per prevenire gravi complicanze”, ha evidenziato Roberto Caporali, professore ordinario di Reumatologia all’Università di Milano e Direttore del dipartimento di reumatologia e scienze mediche, ASST Gaetano Pini-CTO. “La malattia non colpisce solo la pelle e le articolazioni, ma può anche coinvolgere il sistema cardiovascolare, l’intestino e altri organi. Un intervento precoce con farmaci appropriati può prevenire queste complicazioni. È essenziale adottare un approccio olistico, considerando la malattia come una condizione multisistemica. In questo contesto, la collaborazione tra dermatologi e reumatologi diventa cruciale”.
Il parere degli esperti
“In oltre l’80% dei pazienti affetti da malattia psoriasica, la prima manifestazione è cutanea, seguita poi da sintomi articolari. È fondamentale che il paziente consulti tempestivamente un dermatologo, poiché alcune forme di psoriasi, come la psoriasi inversa, l’onicopatia psoriasica e quella del cuoio capelluto, sono maggiormente associate allo sviluppo dell’artrite psoriasica“, ha detto Antonio Costanzo, professore ordinario di Dermatologia presso Humanitas University e Responsabile dell’Unità Operativa di Dermatologia presso Humanitas Research Hospital.
“Questi segni possono portare il clinico a chiedere al paziente se avverte dolori, il che spesso indica una fase iniziale di infiammazione delle entesi, prima che si arrivi a una condizione clinica conclamata. In questi casi possiamo svolgere un’azione sinergica con i colleghi reumatologi, soprattutto quando la psoriasi cutanea è particolarmente estesa, utilizzando farmaci che potrebbero persino prevenire lo sviluppo dell’artrite nei soggetti predisposti”, ha aggiunto.
“Uno studio americano su dati amministrativi evidenzia che chi riceve un trattamento con farmaci biologici per la psoriasi, ha un rischio ridotto fino al 90% di sviluppare artrite psoriasica, rispetto a chi non riceve tali farmaci. La diagnosi e la terapia precoci, insieme a una stretta collaborazione con il reumatologo, sono fondamentali per identificare i pazienti che necessitano di attenzione specialistica”, ha ricordato Costanzo.
Cosa ostacola una diagnosi tempestiva
Come sottolinea Valeria Corazza, presidente di Apiafco, “è essenziale che i pazienti diventino consapevoli del legame tra psoriasi e artrite psoriasica. Anche se stiamo compiendo grandi progressi, permane una preoccupante inconsapevolezza su queste patologie, di fronte alla quale non possiamo arrenderci. Tanto è vero che, come Associazione, continuiamo a informare e coinvolgere i pazienti: noi non vogliamo che le persone si compiangano, ma comprendano le opportunità che attualmente esistono per migliorare i loro problemi, sia per quanto riguarda la cute, che le articolazioni”.
“Non dobbiamo sottovalutare i sintomi della psoriasi. I pazienti non devono trascurare i segnali del proprio corpo, perché le difficoltà derivanti da entrambe le patologie possono compromettere notevolmente la loro qualità di vita. Il nostro obiettivo, inoltre, è quello di garantire che i pazienti possano accedere ai trattamenti disponibili in tutta Italia, un compito non sempre semplice”, ha aggiunto.
Le sfide
Per Antonella Celano, presidente di Apmarr (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare), “è fondamentale riconoscere che la psoriasi e l’artrite psoriasica non colpiscono solo la pelle e le articolazioni, ma hanno un impatto complessivo sulla qualità della vita. Una diagnosi e una terapia tempestive possono rallentare significativamente il progresso del danno articolare. Un altro aspetto fondamentale è l’accesso all’innovazione. Attualmente, i farmaci disponibili tendono a concentrarsi su una sola dimensione della patologia, trascurando l’importanza di un approccio globale”.
“Una delle principali problematiche è rappresentata dalle lunghe liste d’attesa, che ritardano l’accesso a diagnosi e trattamenti essenziali – ha evienziato dal canto suo Silvia Tonolo, presidente Anmar (Associazione Nazionale Malati Reumatic)i – Inoltre, i Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) sono spesso disattesi, limitando così l’efficacia delle cure e creando discontinuità nel trattamento. Questo è aggravato dall’assenza di integrazione della telemedicina nei percorsi assistenziali, un’opportunità che potrebbe migliorare l’accesso alle cure e facilitare la comunicazione tra pazienti e professionisti della salute”. Insomma, un passo avanti dalla ricerca, ma sul fronte dell’assistenza ai pazienti italiani c’è ancora da fare.