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Infarto e soccorso: se il drone batte ancora l’ambulanza

drone 118
Adyen Articolo
Velasco25

Per gli abitanti di una grande città l’impatto del traffico sulle emergenze tempo-dipendenti non è difficile da immaginare. Quando poi ci si muove in una metropoli che si prepara al Giubileo, come la Capitale, vedere le sirene dei mezzi di soccorso impantanate nelle code di auto è divenuta un’abitudine. Ecco perchè la sperimentazione del drone salva-cuore, allo studio su progetto della Società Italiana Sistema 118, risulta tanto interessante.

Nel nuovo test di volo, il quarto del progetto Seuam (Sanitary Emergency Urban Air Mobility), il drone di soccorso ha battuto l’ambulanza anche sulle corte distanze, racconta a Fortune Italia il presidente della Sis 118 Mario Balzanelli. Ma vediamo meglio cosa è successo.

Il test

Cronometro alla mano, a Palagianello (Taranto) è stato simulato uno scenario di arresto cardiaco improvviso, presso la masseria Sacramento. Dopodichè sono stati attivati dalla Centrale Operativa 118 di Taranto in simultanea l’ambulanza del 118 e il drone “Prometeus” dotato di defibrillatore.

Percorrendo 4 km circa dalla sede dell’evento, il drone con defibrillatore è arrivato dopo 1 minuto e 31 secondi mentre l’ambulanza ha impiegato 4 minuti e 37 secondi. A questi tempi, nel caso del drone, occorre aggiungere “all’incirca 1 minuto perché il primo soccorritore occasionale prenda il defibrillatore, colleghi gli elettrodi al torace del paziente ed eroghi la scarica elettrica”, specifica Balzanelli. Ricordiamo, infatti, che il progetto prevede la fornitura di istruzioni ad hoc ai testimoni del malore che allertino la centrale operativa, in modo da ‘guidarli’ nell’uso del defibrillatore.

Ebbene, grazie al trasporto iperveloce del dispositivo via drone, “la scarica elettrica sul torace del paziente è stata erogata 2 minuti circa prima dell’arrivo dell’ambulanza“, calcola il presidente.

Il volo del drone/credits: Sis 118

Quanto vale l’anticipo per il paziente

“Anticipare, su un tragitto così breve, la scarica elettrica del debrillatore al paziente in arresto cardiaco di almeno 2 minuti significa restituire al paziente almeno il 20% in più di probabilità di tornare a vivere”, stima Mario Balzanelli.

Insomma, “il trasporto del defibrillatore via drone sugli scenari di arresto cardiaco improvviso che si verifichino anche a brevissima distanza dalla sede di un mezzo mobile di soccorso del 118 su gomma (ambulanza o automedica), può comportare un arrivo significativamente anticipato” nelle vicinanze del paziente. Aumentando così, e non di poco, le chance di recupero.

Il soccorso arriva dal cielo

Balzanelli non ha dubbi. In un futuro prossimo, “in Italia e nel mondo, in caso di arresto cardiaco improvviso l’invio da parte delle Centrali Operative 118 di un drone con un defibrillatore può anticipare il tempo di erogazione della scarica elettrica, arrivando molto tempo prima di qualsiasi altro mezzo di soccorso, sia sulle lunghe distanze (12 km nel test effettuato ad Altomonte), che sulle corte (4 km da Palagianello). Questo importantissimo guadagno temporale consente, in ogni caso, di aumentare in modo rilevante le probabilità di ripristino della circolazione spontanea”. E di recupero per il paziente.

Un progetto, quello di Sis 118, che si sta ampliando nel tempo, come rileva il numero uno della Sis 118 ringraziando Enac, l’Azienda Asl di Taranto, Autostrade per l’Italia, la Polizia, i Carabinieri, il Comune di Palagianello, il consorzio aerospaziale Caltec, DLdroni, GEC Software.

I numeri dell’arresto cardiaco improvviso

“Il futuro ha messo radici importanti nel presente – ha commentato Vito Gregorio Colacicco, direttore Generale della Asl di Taranto – perché quando le vocazioni, umane e professionali, e le competenze salvavita valorizzano l’impiego delle nuove tecnologie, i risultati inaugurano nuove dimensioni del soccorso tempo dipendente. E devono pertanto diventare, al più presto, prassi nei percorsi operativi di tutela della salute della comunità”.

L’arresto cardiaco improvviso “uccide otto italiani l’ora, 164 al giorno e almeno 60.000 all’anno. Le tecnologie possono fare la differenza: abbiamo le prove”, conclude Balzanelli.

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