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Una missione al femminile, intervista a Letizia Moratti

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A colloquio con Letizia Moratti, presidente della Fondazione E4Impact, che racconta l’impegno per la formazione di giovani imprenditori in Africa. “Le donne? Sono ovunque una grande risorsa” 

di Erika Sità

“Non amo essere definita una leader, preferisco essere più un punto di riferimento per chi mi sta intorno e ha voglia di crescere”. Letizia Moratti – di recente eletta al Parlamento europeo tra le fila di Forza Italia e impegnata nella formazione di giovani imprenditori africani grazie al suo ruolo di presidente della Fondazione E4Impact – riassume così il suo rapporto col potere. E alle giovani donne interessate alle politica consiglia: “Trovatevi una mentore e abbiate sempre, sempre fiducia in voi stesse”.

Dottoressa, lei ha ricoperto numerosi incarichi prestigiosi. È stata ministro dell’Istruzione, vicepresidente e assessore della Regione Lombardia. Cosa ha significato per lei essere una leader donna?

La parola leader non mi piace, non mi rappresenta. In tutti gli incarichi che ho avuto ho fatto lavoro di squadra, una cosa di cui sono molto fiera. Con questa attitudine sono riuscita a far crescere tante persone che hanno lavorato con me e che poi hanno ottenuto incarichi di grande importanza. Non mi piace essere una persona sola al comando, ma capire a chi, tra i miei collaboratori, delegare e dare fiducia.

È stata anche la prima donna presidente Rai e la prima donna sindaco di Milano. Come ricorda quei momenti?

Sono momenti che ripercorro con emozione ma anche con orgoglio. Quando mi proposero l’incarico in Rai ero spaventata perché non mi ero mai occupata di un’azienda così complessa. Allo stesso tempo ero affascinata da questa nuova proposta perché penso che la Rai sia un importante punto di riferimento della cultura italiana. Il ricordo di quel periodo quindi mi è rimasto impresso. Della mia candidatura a sindaco di Milano invece seppi dalle agenzie: rimasi spiazzata. Fu il presidente Berlusconi a convincermi, suggerendomi di portare anche nell’amministrazione della città il mio interesse per le questioni internazionali e di fatto così è stato. C’è una storia che ricordo di quegli anni: avevo fatto un’ordinanza molto restrittiva sullo sfruttamento della prostituzione e una volta riuscimmo a salvare una ragazza romena in quella che era la sua prima sera per strada. La allocammo in una casa protetta e poi riuscimmo a farle riprendere gli studi nel suo Paese.

Come pensa sia cambiata da allora la società italiana sul tema della parità di genere?

Sicuramente qualcosa è cambiato ma siamo ancora lontani dalle esperienze più avanzate dei Paesi nordici. In Italia ci sono ancora molti problemi: abbiamo il più grande divario retributivo di genere nell’area Ocse e una quota estremamente ampia di donne con un lavoro part-time involontario. C’è ancora tanto da fare. Come presidente della Consulta di Forza Italia infatti ho avanzato diverse proposte sul tema: dall’aumento del congedo parentale a favore del padre, al rafforzamento degli obblighi di trasparenza dei datori di lavoro sui salari, fino al consolidamento del welfare aziendale. Misure del genere potrebbero aiutare. C’è però anche un cambiamento culturale da fare: a parità di capacità purtroppo ancora oggi prevale l’idea che l’assunzione di un uomo crei meno problemi, quando invece numerosi studi sulle società quotate dimostrano che la presenza delle donne (nei Cda, ndr) porta risultati positivi.

Attualmente lei è anche presidente di E4Impact, una fondazione impegnata a favorire lo sviluppo dell’Africa. Questo tipo di progetto ha ovviamente un impatto anche sull’emancipazione femminile, attraverso il lavoro, nel continente. Ci racconta di questo suo impegno?

La Fondazione nasce nel 2015 ed opera essenzialmente su tre linee: innanzitutto, forma imprenditori in Africa – ad oggi si parla di più di 40mila persone coinvolte, grazie a corsi post laurea e diplomi, di cui il 33% sono donne; poi, crea un network di alleanze con università africane per scambi di esperienze, in modo da accrescere il capitale umano del continente; infine mette in contatto le imprese italiane ed europee con quelle africane, così da favorire la nascita di nuove partnership. Ci tengo a sottolineare che le esperienze delle donne, anche in questo caso, sono molto positive. Penso, tanto per fare degli esempi, alla Bottle Logistics, un’azienda che si occupa di riciclo del vetro a Nairobi: grazie all’impegno della Fondazione nel giro di 3 anni è passata da 5 a 130 dipendenti, per la maggior parte donne. O ancora, all’imprenditrice keniana che ha avviato una clinica oculistica per affrontare – spesso gratuitamente per chi non può permettersi le cure – il problema della cecità, assai diffuso nel suo Paese. Anche la mia esperienza in Africa dunque lo conferma: le donne sono una grande risorsa.

Che consiglio darebbe a una giovane donna interessata alla politica?

I numeri relativi alle donne in politica non sono straordinari. Io credo che l’impegno politico sia molto coerente con l’attitudine delle donne di prendersi cura, mentre quella degli uomini tende più alla conquista. Servirebbero più donne con incarichi politici di rilievo: il mondo al momento ha molto più bisogno di cura che di volontà di conquista. Il mio consiglio quindi è di avere fiducia in se stesse, di trovare una mentore che possa dare consigli, essere d’esempio. Soprattutto, mai scoraggiarsi: anche le sconfitte sono un modo per crescere.

 

 

 

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