Secondo un recente report dell’Iea (International energy agency), tra il 2015 e il 2022, l’adozione di tecnologie per l’efficienza energetica degli edifici ha ridotto le emissioni di CO2 di oltre 3,3 miliardi di tonnellate, ossia circa il 10% delle emissioni globali annue.
L’efficientamento energetico, parte integrante della transizione energetica, è fondamentale per la sostenibilità ambientale. Non basta produrre energia green: è essenziale consumare meno e meglio. L’implementazione di tecnologie innovative e nuovi modelli di gestione dell’energia è l’unico modo per ridurre i consumi ed emissioni non eliminabili con le rinnovabili, ossia quando non è possibile una totale elettrificazione dei consumi.
A livello nazionale, la questione è affrontata con normative e strumenti specifici, come il Pniec, che tra gli altri si pone l’obiettivo di ridurre le emissioni del 43,7% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Questo è sia un rischio sia un’opportunità per tutte le imprese del settore dell’efficientamento energetico, tra cui impiantisti, ESCo e società di facility management tecnologico.
Il rischio è che si vada incontro a costi insostenibili per il sistema industriale e che si generino fenomeni deleteri come il caro-materiali (già visto con il Superbonus 110%). L’opportunità è che invece si riesca a indirizzare nel modo giusto la transizione energetica, realizzando nei prossimi anni interventi strutturali che portino a una riduzione concreta delle emissioni senza compromettere la competitività delle imprese.
Per cogliere questa opportunità, è necessario: adottare politiche nazionali che snelliscano la burocrazia e incentivino la partecipazione pubblico-privata nei progetti chiave; coinvolgere le imprese del settore nella stesura delle regole; puntare sulle nuove tecnologie e sull’innovazione di processo.
Parlando di tecnologia, è evidente la riduzione dei costi tecnologici e l’aumento delle performance degli impianti rispetto al passato. Per esempio, BloombergNEF stima che i costi delle tecnologie per l’energia rinnovabile, come i pannelli solari fotovoltaici, siano diminuiti dell’82% dal 2010 al 2021; inoltre, a parità di dimensionamento, il loro rendimento è quasi triplicato nello stesso arco di tempo.
Il trend si riscontra in molte tecnologie per l’efficienza energetica degli edifici, come illuminazione Led, caldaie a condensazione, Hvac e aria compressa. Eppure, ridurre i consumi energetici solo con la riqualificazione degli impianti datati non basta. Se si vogliono generare riduzioni realmente importanti, e fare veramente efficienza, è necessario integrare una serie di nuove soluzioni che agiscono sulla gestione del vettore.
Tra queste, le tecnologie Bms (Building management system) sono quelle che negli ultimi anni hanno avuto l’evoluzione più interessante, anche grazie all’avvento dell’intelligenza artificiale. Un Bms consente di monitorare, analizzare e controllare ogni impianto di una struttura da remoto, con la possibilità di implementare sensori e software per automatizzare tale processo. Software di analisi in modalità machine-learning e con AI potrebbero gestire ogni singola parte di un impianto con efficacia, intervenendo qualora si individuino situazioni di spreco o inefficienze; possono, ad esempio, impostare in autonomia gli orari di accensione del raffrescamento sulla base della temperatura esterna, della reale fruizione dell’edificio (o di una sua parte), delle previsioni di affollamento, ecc. Inoltre, queste tecnologie hanno anche il vantaggio di rendere l’attività di gestione impiantistica meno human-intensive, contribuendo ad apportare innovazione (anche di processo) a un settore che per molto tempo è stato percepito molto manuale, poco innovativo o tecnologico.
L’elemento positivo di queste nuove tecnologie è che non funzionano solo su edifici nuovi, ma anche su quelli esistenti e più vetusti. Questo apre la possibilità di un retrofit per ogni tipo di struttura. Se consideriamo che in Italia il 70% dei 13.500.000 edifici residenziali, terziario e Pa ricade nelle classi energetiche più basse (D, E, F e G), appare chiaro quanto lavoro ci sia da fare. Se aggiungiamo anche le 2.600 strutture complesse della Pa (sanità, porti, università…) particolarmente energivore, ci troviamo di fronte a un mercato potenziale enorme e che necessita, nel breve termine, di soluzioni integrate ad alto contenuto ingegneristico.
In conclusione, i presupposti per la transizione energetica, anche tecnologici, ci sono tutti.