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Intelligenza artificiale, il gap fra startup e Big Tech nell’addestramento dei dati

AI

L’intelligenza artificiale è spesso considerata l’equivalente moderno dell’elettricità, che alimenta innumerevoli interazioni umane ogni giorno. Tuttavia, le startup e i Paesi in via di sviluppo si trovano in netto svantaggio rispetto alle Big Tech e alle nazioni più ricche, soprattutto quando si tratta di due aree critiche: i dataset di addestramento e la potenza di calcolo.

Il panorama normativo globale per l’AI è molto complesso e frammentato, con normative diverse e collaborazioni tra le parti interessate sia nel settore pubblico che in quello privato. Questa complessità è ulteriormente aggravata dalla necessità di armonizzare i quadri normativi e gli standard tra i vari Paesi.

Le norme che regolano l’uso corretto dei dataset di addestramento dell’AI variano da regione a regione. Ad esempio, l’AI Act dell’Unione europea vieta l’uso di materiali protetti da copyright per l’addestramento di modelli di AI senza l’esplicita autorizzazione dei titolari dei diritti. In Giappone, invece, la legge sul Text and Data Mining (Tdm) consente l’uso di dati protetti da copyright per l’addestramento di modelli di AI, senza distinguere tra materiali accessibili legalmente e illegalmente. 

La Cina, invece, ha introdotto diversi principi e regolamenti per disciplinare l’uso dei set di dati per l’addestramento che sono più in linea con l’Ue, in quanto richiedono che i dati siano ottenuti legalmente. Tuttavia, tali norme riguardano solo i servizi di AI accessibili al pubblico in generale ed escludono quelli sviluppati e utilizzati dalle imprese e dagli istituti di ricerca.

L’ambiente normativo spesso determina la traiettoria di una startup, influenzando in modo significativo la sua capacità di innovare e scalare. Una startup di AI focalizzata sull’addestramento di modelli incontrerà diverse sfide normative che potrebbero influenzare il suo successo a lungo termine, a seconda della regione in cui opera. 

Ad esempio, una startup in Giappone sarebbe avvantaggiata rispetto a una dell’UE quando si tratta di raccogliere dati Internet protetti da copyright e utilizzarli per addestrare potenti modelli di AI, perché sarebbero protetti dalla legge giapponese sul Tdm. Dato che le tecnologie dell’intelligenza artificiale superano i confini nazionali, ciò richiede soluzioni collaborative e transfrontaliere e una cooperazione globale tra le principali parti interessate.

In termini di potenza computazionale, esiste una disparità significativa tra i grandi operatori – siano essi enti statali o privati – e le startup. Le grandi aziende tecnologiche e gli enti statali hanno le risorse per acquistare e accumulare la potenza di calcolo necessaria a sostenere i loro futuri obiettivi di sviluppo dell’AI, mentre gli operatori più piccoli che non dispongono di tali risorse dipendono da quelli più grandi.

I problemi della catena di approvvigionamento delle risorse di calcolo hanno accentuato questo divario, che è ancora più marcato nel Sud del mondo. Ad esempio, dei primi 100 cluster di calcolo ad alte prestazioni (Hpc) al mondo in grado di addestrare modelli di grandi dimensioni, nessuno è ospitato da un Paese in via di sviluppo.

Nell’ottobre 2023 è stato costituito l’Organismo consultivo di alto livello sull’AI, nell’ambito della Roadmap per la cooperazione digitale del Segretario generale delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di offrire agli Stati membri dell’Onu analisi e raccomandazioni per la governance internazionale dell’AI. Il gruppo è composto da 39 persone con background diversi (per provenienza, genere, età e disciplina), che spaziano tra il governo, la società civile, il settore privato e il mondo accademico, per garantire che le raccomandazioni per la governance dell’intelligenza artificiale siano eque e inclusive.

L’articolo originale è disponibile su Fortune.com

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