Semplificare la diagnosi è uno degli obiettivi della ricerca. Ebbene, in futuro un esame del sangue potrebbe essere in grado di ‘fotografare’ il rischio di Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva) e altre gravi malattie respiratorie. A suggerirlo è un nuovo studio pubblicato sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine e sostenuto dai National Institutes of Health (Nih) statunitensi.
Il fatto è, come spiega Ravi Kalhan, coautore dello studio presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, che ancora “non abbiamo un buon modo per capire facilmente se un paziente è su una traiettoria ripida di declino della funzionalità polmonare. Se avessimo uno strumento clinico di facile implementazione, come un esame del sangue, ciò consentirebbe interventi precoci che potrebbero, a lungo termine, migliorare la salute polmonare”. E alleggerire i costi per il sistema sanitario.
Lo studio
Ebbene, i ricercatori hanno creato un test del sangue che analizza 32 proteine chiave per individuare un soggetto adulto con maggiore probabilità di aver bisogno di cure o di morire a causa di gravi patologie respiratorie.
Il punteggio di rischio si basa sui dati relativi alla salute polmonare di circa 2.500 americani tra 18 e 30 anni che hanno partecipato a uno studio sulle malattie cardiovascolari durato un trentennio. Gli scienziati hanno valutato i dati di salute dei partecipanti, passando poi al setaccio migliaia di proteine dai campioni di sangue forniti al traguardo dei 25 anni. In questo modo sono riusciti a identificare le 32 ‘chiavi’ che permettono di capire in anticipo quali persone stavano avendo un rapido declino della funzionalità polmonare. Le proteine sono state quindi usate per stilare un punteggio in grado di prevedere il rischio di gravi malattie del respiro.
A che punto siamo
Come si legge su Adnkronos Salute, il team non è ancora pronto per l’uso pratico di questo test. “Ma è un progresso promettente”, sottolinea James P. Kiley, direttore della Divisione malattie polmonari del National Heart, Lung, and Blood Institute (Nhlbi), parte dei Nih.
I partecipanti hanno eseguito test respiratori fino a 6 volte nel corso dello studio, generando altri dati sulla salute polmonare. Durante questo periodo, in 2.332 hanno sperimentato un normale declino della funzionalità polmonare mentre 138 hanno sperimentato un vero e proprio crollo. Dopodichè, per testare il punteggio di rischio, i ricercatori lo hanno impiegato per valutare retrospettivamente i rischi di malattie respiratorie in oltre 40mila adulti da due precedenti studi osservazionali. Il modello di previsione ha funzionato, identificando chi era più vulnerabile.
Certo, questo approccio deve ancora essere studiato e testato prima di essere sottoposto alle autorità regolatorie. Ma potrebbe rivelarsi davvero prezioso per prevedere i rischi di malattie respiratorie croniche e favorire interventi precoci.