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Troppo lavoro fa male al cuore: ecco perchè

stress lavoro

I più fortunati staranno leggendo distrattamente le notizie dal telefonino, sdraiati sulla sabbia o in una pausa dalla passeggiata in montagna. Ma anche in tempo di vacanze, ancora una volta la ricerca ci ammonisce: lavorare troppo genera stress, e la tensione legata allo squilibrio tra gli sforzi fatti e le ricompense ricevute può presentare dei rischi per il cuore. In particolare, può aumentare il pericolo di sviluppare fibrillazione atriale. A dircelo questa volta è una nuova ricerca appena pubblicata sul ‘Journal of the American Heart Association’.

Salute, quando troppo lavoro fa male

Cuore ‘matto’

Iniziamo col dire che la fibrillazione atriale è la forma più comune di aritmia, ovvero un ritmo cardiaco anomalo. Può causare ictus, insufficienza cardiaca o altre complicazioni cardiovascolari, avvertono i ricercatori. Ma come si collega al super lavoro?

L’effetto del troppo lavoro

Vi è mai capitato di sentire il cuore a mille durante una riunione? Già precedenti ricerche avevano collegato l’elevata tensione emotiva e lo squilibrio tra sforzi e ricompense sul lavoro a un aumento del rischio di coronaropatia. Questa ricerca accende i fari sulla fibrillazione atriale, come spiega l’autore principale dello studio Xavier Trudel, epidemiologo occupazionale e cardiovascolare nonché professore associato presso la Laval University di Quebec City, Quebec, Canada.

“Il nostro studio suggerisce che gli stress correlati al lavoro potrebbero essere fattori rilevanti da includere nelle strategie preventive”, ha affermato Trudel. “Riconoscere e affrontare gli stress psicosociali sul lavoro è necessario per promuovere ambienti sani, che siano vantaggiosi sia per i singoli che per le organizzazioni in cui lavorano”.

Posti di lavoro avvelenati

Ma come riconoscere la presenza di un problema? Trudel e il suo team hanno studiato l’impatto dello stress in un ambiente di lavoro in cui i dipendenti affrontano elevate richieste – da un carico di lavoro pesante a scadenze ravvicinate – oltretutto con poca voce in capitolo nel processo decisionale e nel modo in cui eseguire i propri compiti.

Un altro fattore valutato nello studio è stato lo squilibrio sforzo-ricompensa. Una sorta di veleno per la salute dei dipendenti, che si verifica quando questi ultimi, in barba all’impegno profuso, si trovano percepire un ritorno (a loro parere) insufficiente. I ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche di circa 6.000 adulti con lavori impiegatizi in Canada, relative a 18 anni di dati di follow-up.

I risultati

Ebbene, i dipendenti che hanno dichiarato di aver sperimentato un elevato stress lavorativo avevano un rischio dell’83% più alto di sviluppare fibrillazione atriale rispetto ai colleghi più sereni. Non solo: anche coloro che hanno percepito uno squilibrio tra sforzi fatti e ricompensa ottenuta avevano un rischio maggiore del 44%. Ma la situazione peggiore l’hanno vissuta i dipendenti stressati e che si sono sentiti anche sfruttati: in questo caso il rischio aumentava di ben il 97%.

A questo punto, secondo Trudel, occorrerebbe proprio mettersi a studiare “l’efficacia degli interventi sul posto di lavoro per ridurre gli stress psicosociali” e salvare il cuore dei dipendenti. Una maggior programmazione e una più equa distribuzione del carico di lavoro, l’implementazione di orari di lavoro flessibili, riunioni tra manager e dipendenti per discutere le sfide quotidiane sono alcune delle strategie che gli esperti suggeriscono. Per il bene dei lavoratori (ma anche per il futuro delle società, diremmo noi).

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