Donne. Sostenibilità. Leadership. Generazioni. Intelligenza artificiale. Transizioni. Startup. Inclusività. Sono divenuti mantra, slogan, luoghi comuni e ingredienti di ricette a posologia variabile, ma sono e restano gli elementi fondanti delle possibilità di futuro.
Ogni sapere oggi si incentra sulle modalità di interazione tra i diversi soggetti che condividono un tempo della loro vita. Ogni scienza ha implicazioni di ‘behavioural science’ e progressivamente si declina in nuove aspettative che permeano ogni individuo e diventano ‘emotional expectation’: mindfulness, wellbeing, work-life balance, people ecology.
Parallelamente, nuovi paradigmi e dilemmi si confrontano nella gestione delle imprese: dalle interazioni di genere, al ruolo della creatività, al tema della leadership e dell’inclusion, fino al diversity management e alle interpretazioni più o meno autentiche dei principi ESG, che rispettivamente ne esaltano o ne mistificano l’efficacia.
Tutto importante, ma per diffondere capacità decisionale ‘human centered’ occorre dare più spazio ai grandi esclusi dell’elenco: senso critico, fiducia, rispetto. Ne hanno bisogno i giovani e ne hanno bisogno le donne, che sono i nuovi protagonisti del cambiamento e gli ingredienti fondanti della sostenibilità e del modo in cui i sistemi economici e sociali possano diventare inclusivi e valorizzanti.
Il nostro progetto MUSA parte proprio da questo: promuovere e supportare l’innovazione attraverso l’ascolto e l’analisi critica dei progetti di startupper di ogni età e genere, alla ricerca di nuove idee e prospettive, nella convinzione che il futuro del nostro Paese dipenderà sempre più dalla capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
Se però è vero che, per citare Einstein, “l’immaginazione è più importante della conoscenza”, per innovare davvero dobbiamo pensare in grande e saper passare dal pensiero all’azione, in un processo che trova grandi alleati nel culture mapping, nell’elaborare un piano strategico, nella ricerca dell’eccellenza come abitudine, nella distribuzione di ruoli e responsabilità capaci di valorizzare la squadra o la comunità, nella fiducia in sé stessi, nel saper cambiare e nel non rinunciare. Trova grandi nemici nel pregiudizio, nella mistificazione, nella paura di fallire, nel procrastinare, nel non assumersi responsabilità.
La ricetta? Diffondere la cultura del ‘fall forward’ e porsi, come fa Paolo Benanti nel suo ultimo libro, la domanda: “in questo mondo, possiamo fare tutto quello che possiamo fare?”.