Centellinare il sale potrebbe non essere la scelta più utile in caso di insufficienza cardiaca. A far vacillare questo assioma è una recente revisione scientifica, che ha passato al microscopio venti anni di studi in materia. Arrivando a una conclusione sotto diversi aspetti sorprendente.
La premessa
Per decenni si è pensato che le persone con insufficienza cardiaca dovessero ridurre drasticamente il consumo di sale. Ma più di recente alcuni studi hanno suggerito che questo approccio potrebbe non essere quello più utile a questa categoria di pazienti. Per fare chiarezza, la revisione ha valutato tutti gli studi rilevanti pubblicati tra il 2000 e il 2023, concludendo che non vi è alcun beneficio clinico dimostrato da questa strategia, almeno per i pazienti con insufficienza cardiaca, come spiega Paolo Raggi dell’University of Alberta.
Gli studi randomizzati più rilevanti erano di piccole dimensioni e un unico trial clinico randomizzato di grandi dimensioni è stato interrotto prima, perchè l’approccio si era rivelato inutile.
I risultati
Insomma, sebbene la restrizione di sale da moderata a severa fosse collegata a una migliore qualità della vita, questa strategia non ha influenzato la mortalità e i tassi di ricovero tra i pazienti con insufficienza cardiaca.
E allora? “I medici – riflette Paolo Raggi – spesso si oppongono ad apportare modifiche a principi antichi che non hanno una vera base scientifica. Tuttavia, quando emergono nuove prove valide, dovremmo fare uno sforzo per accoglierle”. Una retromarcia sul sale che potrebbe rendere più saporiti i pasti per questi pazienti.