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La caduta di Boeing

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Velasco25 Articolo

Sabato 9 marzo, l’alba è stata caratterizzata da temporali che si sono abbattuti su Charleston, in South Carolina, e dai fulmini che hanno illuminato il cielo della città. Poco dopo le 10, Rob Turkewitz era seduto in un elegante studio di avvocati del centro, in attesa che il suo cliente John Barnett testimoniasse. Barnett doveva proseguire nel racconto degli errori di produzione a cui avrebbe assistito da vicino nella fabbrica della Boeing, una narrazione drammatica che aveva iniziato il giorno precedente.

Dopo una lunga carriera a Everett, Washington, dove a detta di tutti era orgoglioso degli aerei assemblati dai suoi team, Barnett ha lavorato dalla fine del 2010 al 2017 come responsabile della qualità presso lo stabilimento di North Charleston che assembla il 787 Dreamliner. In quel ruolo, aveva avvertito i dirigenti di quelle che considerava una miriade di violazioni dei processi e delle procedure previste dalla legge ma i suoi avvertimenti venivano ignorati. Barnett è emerso come il più famoso whistleblower della Boeing, raccontando gli abusi nel controllo della qualità a cui sosteneva di aver assistito.

Turkewitz non era del tutto sorpreso che Barnett fosse in ritardo per la deposizione. “Il centro di Charleston era allagato da uno dei peggiori temporali che abbia mai visto”, ricorda. “Alle 9 del mattino avevo chiamato la stanza di John all’Holiday Inn dove alloggiava, per sapere se voleva che lo venissi a prendere, ma non mi rispose”.

Le accuse di Barnett hanno riacceso l’attenzione sulla scia dello scoppio del portellone del 737 Max, avvenuto a gennaio sul volo 1282 dell’Alaska Airlines subito dopo il decollo da Portland, Oregon, seguito da una serie di altri incidenti sugli aerei Boeing. Nelle interviste rilasciate dopo la disfatta del portellone, Barnett ha criticato aspramente le inadempienze della Boeing e ha attribuito la catastrofe alle procedure approssimative che ha detto di aver visto e segnalato anni prima nello stabilimento di North Charleston.

Ma più tardi, quel sabato mattina, Barnett sarebbe stato trovato morto nel suo furgone fuori dall’Holiday Inn. Il medico legale della contea di Charleston ha stabilito che la causa del decesso è una “ferita autoinflitta” e un rapporto della polizia ha rivelato che un “pezzo di carta bianco simile a un biglietto” giaceva in bella vista sul sedile del passeggero. Il suo contenuto non è stato reso noto. “Siamo addolorati per la scomparsa del signor Barnett e i nostri pensieri sono rivolti alla sua famiglia e ai suoi amici”, si legge in una dichiarazione rilasciata dalla Boeing.

La morte di Barnett è stata l’ultima scioccante svolta in una serie di eventi tumultuosi che hanno scosso l’azienda aerospaziale più importante del mondo negli ultimi tre mesi. Il ritmo incalzante delle notizie ha incluso la scoperta da parte dei clienti della compagnia aerea di bulloni allentati; una gomma persa al decollo; un 737 di 25 anni fa che ha volato con un pannello esterno della fusoliera mancante; e uno strano incidente a bordo di un volo dall’Australia alla Nuova Zelanda, in cui un assistente di volo ha premuto per errore il pulsante del sedile del pilota, spingendolo sulla cloche e facendo perdere quota all’aereo. Il disastro dell’Alaska Airlines ha mandato nel panico i piani alti della Boeing. Da febbraio, l’azienda ha licenziato il responsabile della produzione del programma 737 e il capo della divisione velivoli commerciali. Alla fine di marzo, l’ad David Calhoun – assunto nel 2020 per affrontare la crisi della Max – ha annunciato che si sarebbe dimesso alla fine dell’anno.

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno 2024.

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