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Meliciani (Luiss): Germania in recessione tecnica, Italia farà più fatica a mantenere risultati positivi

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Velasco25 Articolo

La locomotiva d’Europa fatica a mantenere una traiettoria positiva. Il Pil tedesco, dopo il primo campanello d’allarme arrivato dal -0,5% segnato nell’ultima parte del 2022, ha registrato un altro risultato in rosso, questa volta dello 0,3% entrando ufficialmente in recessione tecnica. Ma cosa vuol dire? “Significa che per due trimestri consecutivi il prodotto interno lordo del Paese ha avuto una crescita negativa, quindi invece di aumentare è diminuito. Si parla, in questo caso, di recessione tecnica perché è una diminuzione lieve ma che restituisce comunque il segnale di un’economia in difficoltà nel generare nuova produzione e quindi a mantenere un sentiero di crescita economica” chiarisce la professoressa Valentina Meliciani, docente di Economia Industriale alla Luiss Guido Carli di Roma. 

A cosa è dovuto? 

Questo è dovuto sia a cause che sono in parte generali, e che possono interessare anche altri Paesi europei, sia a cause specifiche del sistema tedesco. Per capire qual è il motivo per cui il prodotto interno lordo in Germania è diminuito invece di aumentare dobbiamo andare a vedere varie componenti primo fra tutti il segno negativo dell’ultimo dato. Questo è dovuto principalmente a una diminuzione della spesa per i consumi sia da parte delle famiglie sia da parte della pubblica amministrazione. Nello specifico delle voci sono diminuiti gli acquisti per i beni alimentari, per l’abbigliamento e per il settore automobilistico, un comparto molto importante in Germania. Proprio perché il calo però è dovuto soprattutto ad una diminuzione della spesa per i consumi- e ovviamente sappiamo che i prezzi stanno aumentando in tutta Europa- il quadro non è così negativo come potrebbe sembrare ad una prima lettura. L’inflazione, infatti, seppure adesso cresca meno nella parte relativa all’aumento del prezzo dell’energia, continua ad essere persistente nella sua parte core, quella al netto di questa spesa. E ciò ovviamente si riflette, non solo in Germania ma anche in altri Paesi europei e negli Stati Uniti, sul potere d’acquisto delle famiglie. Inoltre, non c’è stata la traslazione dell’inflazione dai prezzi ai salari e, quindi, le retribuzioni sono aumentate molto meno rispetto alla crescita del livello generale dei prezzi. 

Perché il quadro generale è meno negativo di quello che potrebbe sembrare?

Lo è perché altre voci, come ad esempio gli investimenti per l’acquisto di macchinari, e anche le esportazioni, seppur di poco, segnano un rialzo. Questi sono fattori trainanti della crescita tedesca. Quindi se vogliamo andare un po’ al di là degli aspetti contingenti e pensare di più alle tendenze di medio e lungo periodo dobbiamo focalizzarci oltre. Dobbiamo domandarci cosa accadrà all’economia mondiale, come si svilupperanno i processi riduzione della globalizzazione e frammentazione delle catene globali del valore e, soprattutto, in che modo questi potranno incidere su un Paese, come la Germania, orientato sulle esportazioni e il cui traino della crescita è il settore manifatturiero e l’export.  Queste evoluzioni potrebbero infatti portare un rischio, ovviamente non necessariamente legato alla recessione, di una drastica diminuzione del tasso di crescita dell’economia tedesca. 

La Spagna e l’Italia nell’ultimo trimestre hanno registrato risultati positivi, in controtendenza a quello tedesco…

La differenza, per esempio tra l’Italia e la Germania è che nel nostro Paese le spese, soprattutto per servizi, sono continuate e hanno registrato un andamento migliore di quello che ci si attendeva. Questo è avvenuto anche perché qui le famiglie stanno ancora utilizzando i risparmi che avevano accumulato per aumentare i loro consumi, cosa che invece sembra non accadere in Germania.

Il rallentamento della Germania potrebbe colpire gli altri Paesi dell’Unione Europea, compreso il nostro? 

Il nostro Paese è la seconda manifattura d’Europa ed è strettamente legato alla Germania. L’Italia, infatti è specializzata nel settore dei macchinari e li esporta negli altri Paesi, in particolare rifornisce la manifattura tedesca e soprattutto il settore degli autoveicoli. Quindi è chiaro che, se il modello dell’export trainato dalle esportazioni della Germania dovesse entrare in crisi, questo sicuramente avrebbe delle ripercussioni su un settore che per noi è molto importante e, di conseguenza, anche su un pezzo del nostro prodotto interno lordo.

Le previsioni però degli scorsi mesi era più ottimistiche. Che cosa è successo? Come si è arrivati così velocemente a un cambio di passo? 

Sostanzialmente il rientro dall’inflazione si è mostrato più lento rispetto a quello che ci attendevamo. E questo nonostante la Banca centrale europea abbia reagito, seppur un po’ in ritardo, con grande vigore. I tassi di interesse sono aumentati rapidamente senza sortire gli effetti che ci si attendeva in termini di riduzione dell’inflazione core. In realtà molti economisti se lo aspettavano perché i prezzi ci mettono molto tempo a scendere.  Adesso il punto è cercare di capire come mai, a fronte di una riduzione del prezzo dell’energia, i prezzi di diversi beni, compresi quelli alimentari non accennano a diminuire. Questo dislivello sembrerebbe inoltre portare in vantaggi proprio ai produttori di questi beni e servizi a scapito dei consumatori che stanno subendo una netta riduzione del potere d’acquisto. Visto che probabilmente le sole azioni della Banca centrale europea non sono sufficienti, bisognerebbe andare a vedere le singole cause che portano a questa persistenza dell’inflazione nei vari settori. 

Quale potrebbe essere uno scudo che l’Italia potrebbe utilizzare per proteggersi da questa recessione? 

Forse quello che potrebbe essere il nostro scudo più forte è un’attuazione veloce del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Questo ha in sé un potenziale in termini di investimenti molto elevato e gli investimenti creano ricchezza non soltanto alle imprese ma a tutti coloro che sono interessati da questi processi produttivi, compresi indirettamente anche i consumatori. Quindi sicuramente riuscire a rispettare le scadenze sia in termini di riforme, sia in termini di investimenti legati al PNRR, potrebbe essere una leva che il nostro Paese ha più di altri, perché noi siamo quelli che hanno attinto completamente a tutte le risorse che erano state messe a disposizione.  Sia i trasferimenti sia ai prestiti. Ma ci sono ovviamente delle difficoltà che ci saremmo potuti immaginare, perché non è facile spendere così tante risorse in un periodo di tempo così breve. Sicuramente però il Piano potrebbe essere uno scudo importante non solo nel breve periodo, ma anche nel medio e lungo periodo perché, se spese bene, queste risorse possono portare ad una traiettoria di sviluppo che superi i problemi di produttività stagnante che il nostro Paese ha dalla metà degli anni Novanta. 

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