Il mercato dell’AI è cresciuto del 32% in un solo anno, raggiungendo i 500 mln di euro. Tra ChatGpt e robotica, il futuro del settore secondo Fabio Puglia, presidente di Oversonic Robotics
Attrae investimenti, deve far sorgere nuove realtà nel mondo imprenditoriale e ogni giorno di più si fa spazio nella quotidianità di ognuno di noi. Quelle dell’intelligenza artificiale sono potenzialità in continua evoluzione e il loro sviluppo è uno degli obiettivi primari di molte aziende. Il 2022 infatti è stato un anno record per il settore. Stando ai dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato è cresciuto del 32% in un solo anno, raggiungendo i 500 mln di euro. Secondo l’ingegnere Fabio Puglia, presidente e co-founder di Oversonic Robotics – prima realtà a portare sul mercato Robee, un robot umanoide cognitivo Made in Italy – le prospettive sono chiare: “Il futuro più condiviso e promettente dell’AI è quello di creare una serie di sistemi, algoritmi e servizi che possano aiutarci a vivere in modo migliore e cercare di indirizzarla per riportare l’uomo al suo ruolo centrale credo sia la prima sfida immediata di questo settore”.
Dove si trova l’equilibrio tra l’utilizzo della tecnologia e la necessità dell’uomo di rimanere essenziale?
Nella visione per cui le macchine e tutti i sistemi artificiali devono servire ad aiutarci il tema della competizione non deve esistere. Noi civiltà biologica utilizziamo tutti gli algoritmi che ci circondano, compresi i robot che sono un’espressione meccanica di un algoritmo, per migliorare, semplificare e rendere più sicura la nostra vita. Già oggi le macchine sono in grado di fare cose migliori di noi e credo non capiti a nessuno di vivere un sentimento di invidia verso una telecamera o un computer.
Come si fa a limitarne il margine d’errore?
Il problema dell’AI è proprio riuscire a misurarla, soprattutto in relazione al fatto che lei nasce e si sviluppa rispetto a una mole di dati che noi uomini fatichiamo a governare. Uno dei punti cardine credo sia definire quali sono gli obiettivi con i quali noi la utilizziamo. Avendoli chiari, il margine di errore si riduce solamente al fattore tecnico. Diversamente l’errore nasce nel non sapere bene dove stiamo andando con questi sviluppi.
Cosa pensa delle potenzialità e dei rischi di ChatGpt?
Penso che la valenza sociale delle macchine sia in generale qualcosa di positivo per l’interlocutore e possa diventare molto utile nel momento in cui queste riescono a suggerirlo e aiutarlo a scegliere meglio. Il tema è un po’ la finalità generalista con cui viene utilizzata l’intelligenza artificiale per cui spesso, alla fine, diventa più che altro un esercizio tra tecnologia e divertimento e non si capisce più quale sia il suo reale scopo. Noi abbiamo una versione di Robee basata su OpenAI, un’evoluzione rispetto a questo tipo di approccio. Lì c’è una personalità che viene sviluppata nel chatbot della macchina e un ruolo che questo offre alla macchina stessa. La tecnologia non deve servirci solo per stupire, ma deve avere una finalità.
Perché questi robot devono assomigliarci?
Ci sono motivi tecnici e motivi di relazione. Da un certo punto di vista il fatto che abbiano una forma umana ci mette in relazione empatica e sociale immediata con la macchina. Vedo un robot con la mia forma e mi viene istintivo relazionarmici. Chiedendogli delle risposte, inizio a collaborare con esso, che possiede un’intelligenza abbastanza evoluta da rendere possibile una prima relazione sociale. Poi ci sono delle tematiche anche più tecniche. Il mondo che ci circonda ce lo siamo costruiti a nostra somiglianza, con le nostre altezze, forme e necessità. La forma umanoide, dunque, è quella che maggiormente si adatta a ciò che ci circonda.
Qual è la grande sfida di Oversonic?
È in linea con l’industria 5.0. La nostra azienda non ricerca la produzione di un test per nuove tecnologie di punta, oppure provare quale può essere una nuova interazione tra l’uomo e la macchina, ma vuole diventare un esercizio operativo quotidiano di un’intelligenza artificiale applicata a una macchina complessa, che ha anche un aspetto umano e induce a una relazione. La discriminante è che, quando si parla di AI, tendiamo a generalizzare e a dare dei criteri di alto livello. In realtà il vero driver deve essere l’uomo e questo si dovrebbe semplificare in un’immagine molto diretta: in un’industria attuale è la macchina che detta i tempi. In questa nuova visione il concetto si rovescia, sono le macchine che devono adeguarsi a quelle che sono le necessità dell’uomo.
Quali sono i benefici dell’industria 5.0?
L’industria 4.0 era l’ultima coda di una visione industriale meccanica, produttiva a cicli deterministici. L’industria 5.0 è un inizio di cammino nel quale si sviluppano anche temi più ampi di AI e reti neurali all’interno dell’evoluzione di queste tecnologie. Dalla meccanica l’industria 5.0 accede al software, è un po’ questa la visione. Abbiamo infatti sempre fissato regole deterministiche. Adesso dobbiamo crearne di nuove legate ai dati e ai test generalisti. Quando si fanno i test per i bracci meccanici, ad esempio, quello che vuoi ottenere è la verifica che questo braccio parta da un punto A e arrivi al punto B sempre con la massima precisione. Il risultato ti dà la sua affidabilità. Nella gestione delle cosiddette reti neurali invece si cerca di far sbagliare il sistema per poterlo correggere e insegnargli come essere consapevole di quello che fa per permettergli di essere ripetitivo. Che è esattamente l’opposto rispetto a quello che normalmente succede oggi nell’industria e quindi c’è un passaggio culturale molto forte tra la 4.0 e la 5.0.