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Tech, il grande rimpasto

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Velasco25 Articolo

Dopo un boom durato 10 anni, le aziende tecnologiche stanno licenziando migliaia di lavoratori

L’e-mail è arrivata il 4 novembre. Oggetto: il tuo ruolo in Twitter.

Era la prima volta che venivo licenziata”, racconta Grace-Ann Baker, ex direttore product management nella società di social media. Presto si sarebbe scoperto che Baker non era sola. Il nuovo proprietario Elon Musk alla fine avrebbe lasciato a casa quasi due terzi dei 7.500 dipendenti che aveva ereditato con l’azienda in difficoltà. Nelle settimane e nei mesi successivi, la tendenza si è estesa a tutto il settore tecnologico. Con la stessa rapidità con cui le aziende tech avevano assunto dipendenti durante la pandemia, li hanno licenziati quando l’economia ha rallentato. In Amazon sono state mandate a casa più di 18.000 persone, in Alphabet, casa madre di Google, 12.000, a Meta, casa madre di Facebook, 11.000; a Microsoft, 10.000. Anche le aziende più piccole si sono ridimensionate, con licenziamenti annunciati presso il provider di pagamenti Stripe, il servizio per l’invio di video online Vimeo e il servizio di vendita online Stitch Fix.

All’improvviso, schiere di lavoratori tecnologici, una volta molto richiesti e incentivati con stipendi alti, generose gratifiche e bonus, si sono trovati a cercare lavoro, nella nuova condizione di dover aggiornare i loro curriculum e aspettare le chiamate delle agenzie di collocamento.

Ma invece di adoperarsi per trovare un nuovo lavoro, molti stanno scoprendo che le loro competenze sono ancora molto richieste. Tanti datori di lavoro al di fuori dell’industria tecnologica, che hanno avuto difficoltà ad attrarre talenti specializzati durante i dieci anni di boom della Silicon Valley avendo la reputazione di offrire attività ‘noiose’ e stipendi più bassi, stanno assumendo ingegneri del software e web designer disoccupati ora che l’industria tecnologica è in ritirata. Ma quali sono questi datori di lavoro? Si pensi a settori come l’assistenza sanitaria, la finanza e il governo. Offrono maggiore stabilità e, in alcuni casi, l’opportunità di unirsi a team tecnologici enormi, sviluppati nel corso degli anni. A Walmart, più di 20.000 ingegneri, specialisti UX e data scientist attualmente lavorano in aree chiave, dall’e-commerce alla protezione dei dati. “È un momento entusiasmante per la tecnologia della vendita al dettaglio”, afferma un portavoce dell’azienda in evidente modalità recruiter.

A JPMorgan Chase, gigante di servizi finanziari che impiega già 55.000 lavoratori tech a livello globale, i dirigenti sono ottimisti nella possibilità di attrarre nuovi lavoratori tecnologici e nel trattenere quelli che hanno. “In termini di tendenze, stiamo vedendo più tecnologi mantenere le loro posizioni, con la tendenza all’abbandono in diminuzione fino a livelli pre-pandemia”, dice Lori Beer, global Chief information officer di JPMorgan, via e-mail a Fortune. “I candidati oggi hanno meno offerte da parte di competitor”. La situazione contrastante tra tecnologia e altri settori è sintetizzata nei numeri dei licenziamenti.

Secondo la società di servizi di ricollocamento Challenger, Gray & Christmas, nel 2022, le aziende tech hanno licenziato più di 97.000 dipendenti, con un aumento del 649% rispetto ai tagli nel settore dell’anno precedente, mentre, in tutti gli altri settori sono stati tagliati complessivamente circa 364.000 posti di lavoro, con un aumento soltanto del 13% rispetto all’anno precedente.

Se si esclude la tecnologia, i licenziamenti sono effettivamente diminuiti. Infatti, nonostante l’attuale situazione di incertezza economica, negli Stati Uniti i posti di lavoro sono aumentati di 223.000 unità nel solo mese di dicembre, secondo il Bureau of Labor Statistics. In altre parole, il mercato del lavoro è ancora in salute, ma non nel settore tecnologico. Le ragioni di divergenza delle traiettorie sono molte. Durante gli anni del boom, molte aziende tecnologiche hanno continuato ad assumere in preda a una sorta di esaltazione, in particolare durante la pandemia, per soddisfare il picco di domanda da parte dei consumatori e delle imprese impantanate nei lockdown. Ora, con le restrizioni pandemiche in gran parte revocate e l’economia che fatica a causa dei recenti aumenti dei tassi di interesse, i dirigenti tecnologici tagliano i costi eliminando posti di lavoro.

Anche per il governo, che in precedenza aveva difficoltà ad attrarre tecnici, i licenziamenti rappresentano una rara opportunità. “Stiamo facendo girare la voce che cerchiamo persone”, afferma Kurt DelBene, assistente segretario per l’informazione e la tecnologia e Cio del dipartimento degli Affari dei Veterani, che attualmente offre oltre 700 posizioni in ambito tecnologico, compresi i team di infrastruttura cloud e sicurezza informatica. E secondo DelBene c’è un notevole aumento del numero di candidature che sta ricevendo attraverso Linkedin e altro. Ha anche ricevuto ‘centinaia’ di contatti dalle recenti fiere del lavoro virtuali che il VA ha ospitato. “Siamo il più grande fornitore di assistenza sanitaria e la più grande istituzione finanziaria negli Stati Uniti”, afferma DelBene. “Vuoi andare in un posto dove ci sono problemi molto, molto difficili da risolvere? Questa è l’organizzazione che stiamo gestendo”.

Di certo, storicamente, lavorare per il governo non garantiva le stesse retribuzioni del settore privato, anche quando si trattava di talenti della tecnologia. DelBene spiega che, nel distretto di Washington D.C., c’è un divario del 66% tra quello che poteva guadagnare un ingegnere al dipartimento VA piuttosto che in un’azienda tech.  Ma il VA e altre agenzie federali hanno fatto pressione sul governo per concedere una “retribuzione speciale” per specifiche funzioni, e finora sembra funzionare: a gennaio, la modifica è stata approvata per alcune posizioni in ambito tecnologico. “Voglio rendere questo il miglior posto” per i dipendenti tech “dove lavorare nel governo federale,” afferma DelBene.

C’è un altro genere di organizzazione che sta attraendo talenti tech che hanno perso il lavoro: le aziende tecnologiche che non fanno spesso notizia. Sono grandi, ma il loro basso profilo rende più difficile competere per i talenti contro le compagnie dai nomi più roboanti di social media e fintech.

“Sento molto interesse per società come Intuit e Adobe”, afferma Jana Rich, fondatrice e Ceo di Rich Talent Group, una società di reclutamento di senior executive, riferendosi al produttore di software fiscale e all’azienda che sta dietro a strumenti tecnologici come Photoshop. “Si tratta di aziende molto ben gestite, redditizie, con tassi di crescita e di fidelizzazione elevati, ma sono anche in continua evoluzione i loro modelli di business. Lì c’è la possibilità di acquisire competenze ed essere promossi”. Un’area che non sembra suscitare grande interesse da parte della schiera di licenziati è quella delle startup in fase iniziale. Del resto, è comprensibile: secondo Jana Rich, i candidati oggi sono interessati allo stato di salute finanziaria e alla vitalità di una azienda. Innanzitutto, una startup giovane non ha una storia. Potrebbe anche non avere un futuro, se dovesse aver bisogno di un nuovo giro di finanziamenti a stretto giro. A causa della recessione economica, il capitale di rischio ha rallentato considerevolmente per le nuove società tecnologiche.

Non tutti hanno fretta di gettarsi in una nuova avventura lavorativa, in parte a causa dei buoni pacchetti di fine rapporto che la maggior parte delle aziende tecnologiche offre ai dipendenti licenziati. Il gigante del software aziendale Salesforce, ad esempio, ha promesso agli 8.000 lavoratori tagliati di recente cinque mesi di stipendio, più l’assicurazione sanitaria. Meta offre 16 settimane di retribuzione e benefit e altre due settimane per ogni anno lavorato in azienda. I pacchetti addolciscono il colpo dei licenziamenti, di sicuro, così come il fatto che i tecnici sono ancora molto richiesti in diversi settori.

Ma essere licenziati non è divertente, e alcuni dipendenti che hanno perso il lavoro sono preoccupati che, con l’economia in crisi, altri settori possano fare un passo indietro nei prossimi mesi. “Emotivamente, mi stavo preparando per questo”, racconta una ex dipendente tecnico di DoorDash che preferisce non essere menzionata per nome (la app di consegna dei ristoranti a novembre ha annunciato il licenziamento di 1.250 dipendenti, circa il 6% della sua forza lavoro). Ma quando è arrivato il momento, e si è resa conto che l’accesso ai suoi account di lavoro era stato bloccato, ricorda: “Ci sono un sacco di emozioni che provi”. Diverse settimane dopo il licenziamento, dice che si sta ancora prendendo tempo per decidere i prossimi passi. E le opportunità esistono, specialmente per i tecnici che sono disponibili a provare qualcosa di nuovo: “Ho parlato con alcuni cacciatori di teste e reclutatori, e dicono tutti la stessa cosa: che le aziende tecnologiche non tradizionali tendono al rialzo sui talenti tecnologici in questo momento”.

Quanto a Baker, ex di Twitter, la sua reazione al licenziamento, o almeno una delle emozioni che ha provato, è stata di sollievo, dato tutto il subbuglio della società durante l’acquisizione di Musk. C’era anche un senso di cameratismo, ricorda, considerando che così tante persone stavano vivendo un’esperienza simile. Si sta prendendo del tempo per capire dove vuole lavorare, ma è ottimista dato l’interesse – e i colloqui – che sta già ottenendo. “Ci sono assunzioni là fuori, e la maggior parte delle persone che conosco sta trovando lavoro”, dice Baker, che nel suo Cv vanta esperienze in giganti della tecnologia come Cisco e Google. Quale sarà il suo prossimo ruolo, la sua prossima azienda? Questo è ancora da vedere. Dopo tre anni in Twitter, dice, una cosa è certa: “Sono aperta a nuove e diverse possibilità”.

 

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