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Microbiota: causa una grave malattia del neurosviluppo

microbiota Sant'Anna
Adyen Articolo
Velasco25

L’asse intestino-cervello si sta rivelando sempre più importante per la nostra salute. A gettare nuova luce sull’impatto del microbiota è un studio internazionale coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Che apre la strada anche a un innovativo approccio terapeutico. Nel mirino dei ricercatori, una rara e grave malattia del neurosviluppo: il disturbo da deficienza di CDKL5 (CDD).

Si tratta di una malattia genetica rara e grave che colpisce prevalentemente le bambine subito dopo la nascita. Circa 13.000 famiglie nel mondo fanno i conti con questa patologia, che ogni anno conta 750 nuovi casi. I piccoli pazienti non possono comunicare con il linguaggio, raramente sono in grado di camminare, presentano crisi epilettiche e disturbi cognitivi e motori fortemente invalidanti, come ricordano gli autori della ricerca pubblicata su ‘Cell Reports’.

A fare la differenza in un futuro prossimo potrebbe essere il lavoro coordinato da Paola Tognini, ricercatrice presso il Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, cui hanno partecipato Maria Grazia Giuliano (Sant’Anna Pisa), Elena Putignano dell’istituto di Neuroscienze del Cnr di Pisa, Andrea Tognozzi, dottorando dell’Università di Pisa, Sara Cornuti (SNS) e Tommaso Pizzorusso, direttore del Laboratorio BIO@SNS della Scuola Normale Superiore. L’analisi nei diversi modelli animali coinvolti nella ricerca è avvenuta grazie alla collaborazione con Vera Kalscheuer e Vanessa Suckow del Max Planck Institute di Berlino. Vediamo meglio cosa è emerso.

La scoperta

Premettiamo che le terapie per questi pazienti finora si erano concentrate principalmente sul cervello. Adesso, per la prima volta, è stato dimostrato come proprio uno squilibrio nel microbiota intestinale (l’insieme dei batteri, virus e funghi che popolano il nostro intestino) sia causa di alcuni dei sintomi neurologici del disturbo da deficienza di CDKL5.

Come confessa Paola Tognini “è stato sorprendente scoprire un legame così stretto e causale tra l’intestino e le manifestazioni neurologiche in questa malattia. Guardare all’intestino per capire e trattare una malattia del cervello non è più fantascienza”.

Curare il microbiota ha un effetto sul cervello

Ma cosa hanno scoperto i ricercatori? Analizzando dei topi modello della malattia, il team ha visto che la composizione del loro microbiota intestinale era profondamente diversa da quella di coetanei sani. Ma la ricerca è andata oltre: somministrando antibiotici mirati a colpire proprio il microbiota “alterato”, si è verificato un netto miglioramento delle risposte neuronali e del comportamento negli animali malati.

Il trapianto di microbiota e la speranza di cura

Ma c’è di più. Durante le sperimentazioni condotte da Francesca Damiani, dottoranda del laboratorio BIO@SNS della Scuola Normale Superiore e prima autrice dello studio, è stato trapiantato il microbiota intestinale degli animaletti malati in esemplari sani. Sorprendentemente, questi ultimi hanno iniziato a sviluppare alcuni dei sintomi tipici della CDD.

Per i ricercatori propio questa è la prova che il microbiota alterato non è solo una conseguenza della malattia, ma ne influenza attivamente i sintomi neurologici. Del team fa parte anche Tommaso Pizzorusso, professore ordinario di Neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore, che da anni indaga sui meccanismi all’origine del disturbo da deficienza di CDKL5 e ha pubblicato numerosi lavori sul tema.

“Nonostante la nostra lunga esperienza nello studio della CDD, questa ricerca ci ha aperto gli occhi. Per la prima volta – sottolinea il docente – abbiamo avuto una prova chiara di quanto sia limitante concentrarsi su un solo organo per lo studio delle malattie. È essenziale ampliare la prospettiva e indagare le interconnessioni sistemiche, come quella intestino-cervello, per comprendere a fondo le cause e le manifestazioni delle malattie neuropsichiatriche”.

I prossimi step

“I nostri dati – conclude Tognini – suggeriscono che le alterazioni del microbiota giocano un ruolo attivo. Questo ci offre un bersaglio completamente nuovo: modulando il microbiota intestinale, ad esempio con probiotici mirati, diete specifiche o persino il trapianto di microbiota, potremmo essere in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti e potenziare l’efficacia di altre terapie”.

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