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La Cina blocca l’export di alcune terre rare: che cosa significa

Le terre rare sono il componente fondamentale per la produzione di batterie.
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Velasco25 Articolo

Non sono terre (sono metalli) e non sono neppure così rare. Ma sono decisive in diversi settori industriali. La decisione della Cina, annunciata il 4 aprile e ora operativa, di imporre restrizioni all’esportazione delle terre rare rischia di provocare uno choc nelle catene di approvvigionamento. Pechino ha deciso di richiedere licenze speciali per l’export di sette di esse. Si tratta di samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. Ciò significa il blocco delle spedizioni e la decisione espone l’Occidente ad una dipendenza brutale da questi minerali.

Stando ai giacimenti attivi la Cina non solo è la più ricca per quantità ma anche per numero di siti estrattivi. Pechino ha ben nove tra i siti più attivi nell’estrazione di bastnasite, laterite e xenotite.

Elementi come il lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu), ittrio (Y).

Costituiscono la parte fondamentale nella produzione di batterie, microprocessori e circuiti. Chi li possiede è destinato a svolgere un ruolo egemone. Fino ad esaurimento scorte. Le auto elettriche, d’altronde, richiedono sei volte i minerali e i metalli rispetto ai motori tradizionali. Le turbine 30 volte di più. Significa che la domanda di terre rare è destinata ad aumentare da tre a sette volte entro il 2040.

In Europa abbiamo invece da tempo perso lo zinco. L’alluminio da anni è ai minimi storici, meno di 20 mila tonnellate depositate nei magazzini. Il rame è tutto cinese, visto che Pechino detiene il 93% delle scorte mondiali.

Sul litio, necessario per le batterie, la distribuzione è più omogenea, ma la Cina si è posizionata a monte del settore della raffinazione (e dell’estrazione) avendo strappato una buona parte delle concessioni di chi questi metalli li ha per natura: Africa e America Latina. Ma quel che preoccupa davvero la Ue è quello che sta avvenendo a Londra.

Il livello delle scorte di metalli nei magazzini del London Metal Exchange continua a mostrare un livello critico. Parliamo della piattaforma di negoziazione per i metalli. Nelle ultime settimane si registrano ingenti afflussi di metallo nei magazzini di Singapore e Malesia. Ecco perché l’Europa vuole provare a costruirsi la sua sovranità. Ma può farlo solo a condizione di potenziare maggiormente gli investimenti sul riciclo, perché quei metalli ci sono già tutti sulle nostre auto, elettrodomestici, pc. Uno studio Ambrosetti calcola che dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche si possano ricavare oltre 55,5 milioni di tonnellate di materie prime critiche.

Ma il processo di estrazione ha anche pesanti risvolti ambientali. I dati provenienti dalla miniera di Bayan Obo in Cina parlano chiaro: i rifiuti tossici rilasciati nelle risorse idriche hanno causato cancro al polmone, una patologia in aumento a doppia cifra a causa delle polveri.

Negli anni ’70-’80 questa industria è migrata dagli Stati Uniti, all’epoca i più grandi produttori di terre rare, a causa dell’adozione di legislazioni più stringenti sull’ambiente, emanate da Nixon. Ora si fa strada un’inevitabile corsa al reshoring produttivo, ma rischia di essere tardi e tutto tranne che sostenibile.

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