Nei rapporti internazionali l’inizio del 2025 ci ha riportati indietro di decenni. L’inquilino della Casa Bianca sta rimescolando con modalità inimmaginabili tutte le carte delle vicende interne ed internazionali. Le liturgie della diplomazia sono state profanate. Il ruolo delle principali organizzazioni internazionali è stato messo in discussione dal Paese che ne è stato il fondatore e il garante. Sul palcoscenico internazionale si è affermata una logica che pensavamo di esserci lasciata alle spalle, la forza, con ripercussioni nelle principali aree di conflitto e preoccupazioni nelle opinioni pubbliche, e tra gli ‘addetti ai lavori’ tanti sono i ‘dogmi’ messi in discussione.
Secondo alcuni, si starebbero ridisegnando nuove zone di influenza sul modello della Conferenza di Yalta nel 1945. Anche allora c’erano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica e l’attenzione principale era verso l’Europa rappresentata dal Regno Unito. Uno scenario in effetti non molto lontano da quello attuale, a conferma che se tanto è cambiato in questi 80 anni in realtà certe dinamiche sono sempre le stesse. Nel 1945, a differenza di oggi, a nessuno venne in mente di mettere in discussione chi avesse iniziato la guerra. Allora ci furono seri problemi per le mire espansionistiche dell’Unione Sovietica, come oggi. Allora grandi leader europei cominciarono a porsi il problema di un esercito europeo, tema oggi di massima attualità che, grazie alla Nato, passò per decenni in secondo piano fino a quando vari presidenti americani – Trump è solo l’ultimo – cercarono di farci capire che gli Stati Uniti non avrebbero potuto difenderci in eterno.
Ora di nuovo c’è solo il modo di dire certe cose, o di raggiungere certi obiettivi e di capirsi sui tempi, facendo finta che si tratti per domani, sapendo che in realtà ci vorrà molto di più. Basti pensare alla pace, che non sarà tale in Ucraina e sicuramente non secondo i principi che dovrebbero regolarla, come il rispetto della sovranità e l’integrità, la partecipazione ai negoziati e garanzie credibili per il futuro.
Lo stesso vale per l’autonomia strategica militare dell’Europa, che non vuol dire armarsi per attaccare, ma per far capire che si è in grado di assicurare la propria sicurezza anche da soli. Oggi in più c’è la Cina che, in coerenza con la propria cultura, sta sul bordo del fiume a guardare l’acqua che scorre.
Corsi e ricorsi che ci fanno interrogare su dove siamo e dove realmente possiamo andare. Quel che è certo è che nulla sarà più come prima, e che viviamo una fase delle relazioni internazionali dove un mondo ormai ‘smontato’ è tornato al punto di partenza del grande Monopoli della storia dell’umanità senza passare dal via.